Il significato e la realtà del Natale, fra fede e acquisti
Il Natale esiste da 1.700 anni. Si tramanda dalle prime celebrazioni nel IV secolo d.C., epoca in cui papa Giulio I, per convertire i pagani al Cattolicesimo, designò il 25 dicembre come data della nascita di Gesù
Il significato e la realtà del Natale, fra fede e acquisti
Il Natale esiste da 1.700 anni. Si tramanda dalle prime celebrazioni nel IV secolo d.C., epoca in cui papa Giulio I, per convertire i pagani al Cattolicesimo, designò il 25 dicembre come data della nascita di Gesù
Il significato e la realtà del Natale, fra fede e acquisti
Il Natale esiste da 1.700 anni. Si tramanda dalle prime celebrazioni nel IV secolo d.C., epoca in cui papa Giulio I, per convertire i pagani al Cattolicesimo, designò il 25 dicembre come data della nascita di Gesù
Il Natale esiste da 1.700 anni. Si tramanda dalle prime celebrazioni nel IV secolo d.C., epoca in cui papa Giulio I, per convertire i pagani al Cattolicesimo, designò il 25 dicembre come data della nascita di Gesù. Nel Medioevo san Francesco istituì il primo presepe vivente, dando vita alla tradizione dei pastori, della grotta e dei re magi. Il Natale perpetua una tradizione che nella sua essenza racchiude la nascita, la speranza, l’accoglienza e la condivisione. Per chi non vive questa festa seguendo il rito cattolico, è un momento che rappresenta comunque un’opportunità per ricucire relazioni sfilacciate e fermarsi a riflettere sull’amore evangelico per «il prossimo tuo come te stesso». Ma guardandosi intorno viene voglia di chiedersi: dopo 1.700 anni, il Natale resiste?
La “Christmas Fatigue”.
Alla vita frenetica e alle aspettative sociali cui siamo assuefatti si aggiungono il sovraccarico di impegni, la scadenza dei regali obbligati, le cene e i pranzi ambiziosi, più una felicità spesso di facciata. La somma degli addendi pesa tanto da meritare l’espressione anglosassone “Christmas Fatigue”. La Sindrome di Grinch esaspera poi il disagio e l’irritabilità che alcuni provano, in netta contrapposizione con l’atmosfera festaiola. Costoro, pervasi da ansia e stress, rifiutano l’esibizione sfarzosa di addobbi e festoni, mentre non perdono occasione per maledire la folla (appiedata o motorizzata) che ingorga le strade, rendendo faticoso anche l’acquisto del detersivo. Agli occhi altrui il soggetto Grinch appare un essere cinico, un nichilista anarchico. E invece potrebbe esprimere una sensibilità epidermica che traspira insofferenza e inadeguatezza in attesa di estinzione con l’ultimo petardo e la fine di gif animati e sticker digitali in chat.
Tutto comprensibile, soprattutto in questi tempi in cui il Natale resiste come festa del consumismo e degli aperitivi, che impegnano parecchio nella raccolta dei vuoti a perdere. Una festa nata sotto il segno dell’umiltà e dell’intimità ha paradossalmente assunto nel tempo i connotati di un bivacco edonistico e commerciale. Ma il Natale è la festa dei buoni e l’invito arriva anche dalla pubblicità. Questo è il momento dei galà di beneficenza e della generosità che vira verso l’umanità dolente. Peccato che, passata la festa, si volti pagina e nessuno se ne ricordi più.
Ma allora il Natale cos’è?
Ma allora il Natale cos’è? Uno spaccato sociale che offre il fianco alle riflessioni di intellettuali e filosofi contemporanei. Da Karl Marx a Pier Paolo Pasolini arriva il messaggio sul mondo nuovo, in cui la mercificazione dei sentimenti ha prodotto soggetti alienati che agiscono seguendo logiche di mercato anziché l’autenticità dei propri bisogni. E Zygmunt Bauman si sofferma sulle relazioni liquide, in cui i legami sono temporanei e misurabili, e proprio il consumo sostituisce i doveri e le responsabilità verso l’altro. Dal concetto “azione e relazione” deriva quanto il Natale commerciale manchi di spontaneità e sia impregnato di conformismo: tutti fanno le stesse cose, nel medesimo modo e negli stessi giorni.
Anche Italo Calvino, tra ironia e disincanto, descrive il precipitare dell’appuntamento annuale nel rituale delle dinamiche vuote di quel sentimento che diversifica verità e menzogna. Certo, ognuno è libero di scegliere il Natale che vuole e di professare il rito che crede. Personalmente, ogni Natale mi ricorda una fuga dall’esuberante follia urbana, in cerca di rifugio tra i cipressi, nel silenzio marmoreo di un cimitero di campagna.
di Elvira Morena
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