Quei bambini piccoli geni
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Quei bambini piccoli geni
In Francia va di moda far fare ai propri ragazzi il test del Quoziente Intellettivo. Ciascun genitore sarebbe felice di poter avere un figlio geniale
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In Francia va di moda far fare ai propri ragazzi il test del Quoziente Intellettivo. Ciascun genitore sarebbe felice di poter avere un figlio geniale
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Ciascun genitore sarebbe felice di poter avere un figlio geniale. A patto che non diventi una ossessione. Come invece pare stia accadendo in Francia dove è parecchio di moda far fare ai propri ragazzi il test del Quoziente Intellettivo: perché è quello a determinare se il proprio bambino è Hpi ovvero Haut Potentiel Intellectuel (alto potenziale intellettuale) e quindi ha un’intelligenza superiore alla media. Nulla di male nel desiderare un figlio che eccelle, però Oltralpe è talmente diventato di moda che sui social si fa ironia al contrario su chi suo malgrado ammette che il proprio figlio non è un genio, anzi è l’unico a non essere un genio. Perché gli altri, a quanto pare, lo sono tutti.
Statistiche alla mano, ad avere un QI superiore a 130 è il 2,3% della popolazione. Non proprio la stragrande maggioranza, insomma. Ma al di là del dato, delle battute e delle mode, occorre riflettere sulle implicazioni di un certo tipo di pressione sui più piccoli da parte degli adulti. Intanto bisogna ricordare che molti geni del passato non hanno avuto una vita così facile perché quelle doti, che li hanno resi così speciali agli occhi dei posteri, nella quotidianità hanno coinciso anche con un certo isolamento a livello sociale. Si dice “geni incompresi”, anche se molti in realtà furono compresi, almeno nel loro talento.
Resta il fatto che i bambini gifted, quelli con plusdotazione intellettiva, tendono ad annoiarsi in compagnia dei coetanei oppure – spiegano gli psicologi dello sviluppo – a mettere in atto attività di disturbo in classe proprio perché appunto si annoiano. Fino ad arrivare a veri e propri disturbi del comportamento. Oltre al fatto che vengono sottoposti a una pressione che è maggiore di quella dei loro coetanei. Pressione esercitata dagli adulti di riferimento, dai genitori in particolare. Il che non sempre è un male e anzi molti di noi potranno facilmente ricordare come da bambini proprio certe insistenze di mamma e papà abbiano aiutato magari a non perdere la bussola.
Il confine è sottile, il rischio che per spronare un figlio a eccellere si ottenga l’effetto opposto è concreto. Ma d’altronde il mestiere del genitore non è mai stato semplice. Certo sarebbe bene, per i piccoli e per i grandi, riuscire a mantenere una visione obbiettiva delle cose. Senza immaginarsi carriere sfolgoranti da bambini che ancora vanno alle scuole elementari né di contro arrendersi a un bambino che di impegnarsi in qualche attività non ha alcuna intenzione. Un po’ di insistenza certo non fa male, ma senza esagerare. Anche perché alla fine i primi a rischiare di rendersi ridicoli sono proprio gli adulti.
Di Annalisa Grandi
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