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K2

Il tricolore conquista il K2

L’obiettivo di un viaggio storico, che inizia per mare e che si concluderà fra le montagne, è uno soltanto: conquistare la vetta del K2, la seconda montagna più alta del mondo

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Il tricolore conquista il K2

L’obiettivo di un viaggio storico, che inizia per mare e che si concluderà fra le montagne, è uno soltanto: conquistare la vetta del K2, la seconda montagna più alta del mondo

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Il tricolore conquista il K2

L’obiettivo di un viaggio storico, che inizia per mare e che si concluderà fra le montagne, è uno soltanto: conquistare la vetta del K2, la seconda montagna più alta del mondo

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L’obiettivo di un viaggio storico, che inizia per mare e che si concluderà fra le montagne, è uno soltanto: conquistare la vetta del K2, la seconda montagna più alta del mondo

Nell’aprile del 1954 una nave sta lasciando il porto di Genova in direzione del Pakistan. A bordo ci sono 23 alpinisti, fra cui 13 italiani e 10 di etnia hunza, un osservatore del governo pakistano, un topografo e 5 ricercatori. Fra questi ultimi c’è l’uomo che è a capo di quella spedizione: Ardito Desio. L’obiettivo di quel viaggio, che inizia per mare ma che si concluderà fra le montagne, è uno soltanto: conquistare la vetta del K2, la seconda montagna più alta del mondo.

Patrocinata dal Club alpino italiano, dal Consiglio nazionale delle ricerche, dall’Istituto geografico militare e dalla Presidenza della Repubblica, l’avventura di Desio e dei suoi uomini diverrà uno dei momenti chiave nella ricostruzione morale e d’immagine del nostro Paese dopo la Seconda guerra mondiale. Solo un anno prima, un analogo tentativo da parte degli americani era fallito: la spedizione – guidata da Charles Houston – si era dovuta fermare, sopraffatta dalle difficoltà incontrate lungo il percorso e dall’inadeguatezza delle strumentazioni in uso all’epoca. Per noi la conquista del K2 era invece una questione aperta da diversi anni.

Già nel 1909 il Duca degli Abruzzi Amedeo di Savoia aveva guidato una squadra di alpinisti con l’obiettivo di arrivare in cima. L’operazione non era riuscita, ma i rilievi topografici effettuati durante quel primo tentativo si sarebbero rivelati preziosi. La spedizione del 1954 non ebbe tuttavia una genesi facile. Anzitutto perché il governo del Pakistan non intendeva concedere le necessarie autorizzazioni e si era reso necessario l’intervento diretto di Alcide De Gasperi per trovare una soluzione diplomatica. Superato questo primo scoglio, l’organizzazione aveva dovuto fare i conti con i problemi di politica interna, causati dalla caduta del governo e dal conseguente rallentamento dell’iter burocratico legato all’operazione.

Ciò nonostante, a più di un mese dalla partenza da Genova, gli uomini capeggiati da Desio giungono in Pakistan e iniziano ad allestire i primi campi. Ma il 21 giugno uno dei componenti, l’alpinista Mario Puchoz, viene colpito da edema polmonare e muore. Sembra che anche questa volta il sogno di scalare il K2 debba finire ancor prima di iniziare. E invece, spinti anche dalla volontà di onorare il compagno scomparso, i componenti della squadra di alpinisti e ricercatori non mollano. Giorno dopo giorno, percorrendo la cresta Sud-Est della montagna (nota anche come Sperone degli Abruzzi, proprio in onore del Duca Amedeo) e superando ondate di maltempo e diversi imprevisti, gli uomini di Desio si avvicinano sempre più al loro obiettivo.

Il 31 luglio di 70 anni fa, alle 18 (ora italiana), Achille Compagnoni e Lino Lacedelli raggiungono la vetta e piantano, con una piccozza, la bandiera tricolore e quella pakistana sulla seconda cima più alta del mondo. Quando – il giorno dopo – la notizia giungerà in Italia, l’entusiasmo popolare sarà travolgente. Quella conquista è divenuta il simbolo della nostra rinascita dopo i dolori della guerra e il K2 sarà per sempre la ‘montagna degli italiani’. Sebbene negli anni successivi l’impresa sarà oggetto di accese polemiche fra i componenti della spedizione sugli effettivi contributi dei singoli, quanto accaduto in quel giorno di settant’anni fa ha contribuito a scrivere una pagina fondamentale nella storia del nostro dopoguerra. Quello di un Paese che, per tornare a essere grande, aveva provato ad arrivare più in alto di tutti. Riuscendo a vincere la sfida col proprio futuro.

di Stefano Faina e Silvio Napolitano

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