Il Vannacci in noi
Perché parliamo tanto di un personaggio come il generale Vannacci dalle idee grossolane, più imbarazzanti che pericolose? Il problema non è Vannacci, il problema siamo noi
Il Vannacci in noi
Perché parliamo tanto di un personaggio come il generale Vannacci dalle idee grossolane, più imbarazzanti che pericolose? Il problema non è Vannacci, il problema siamo noi
Il Vannacci in noi
Perché parliamo tanto di un personaggio come il generale Vannacci dalle idee grossolane, più imbarazzanti che pericolose? Il problema non è Vannacci, il problema siamo noi
Perché parliamo tanto di un personaggio come il generale Vannacci dalle idee grossolane, più imbarazzanti che pericolose? Il problema non è Vannacci, il problema siamo noi
Perché scriviamo e parliamo tanto del generale Vannacci? A partire dal sottoscritto, sia chiaro, come evidente da queste poche righe o da quelle dedicate al personaggio e alle sue “gesta” nella scorsa estate.
La sua operazione è totalmente scoperta, pienamente legittima… se non per l’ingombrante dettaglio di essere un alto ufficiale delle nostre Forze armate. Circostanza che dovrebbe obbligarlo a una prudenza e a un contegno che non casualmente hanno portato il ministero della Difesa a prendere un provvedimento di notevole gravità nei suoi confronti.
Non è di questo, comunque, che vorremmo scrivere. Tutto sommato sono affari suoi, come la più che probabile candidatura e pressoché certa elezione al Parlamento europeo, una carriera politica la cui parabola possiamo agevolmente immaginare: strombazzate partenze e luci della ribalta e l’inevitabile successivo scivolare nella noia e nell’indifferenza.
Torniamo, piuttosto, alla domanda iniziale: perché ci occupiamo così tanto di un personaggio dalle idee sostanzialmente grossolane, più imbarazzanti che pericolose? Volendo proprio azzardare una risposta: non è per lui, ma per quelli come lui che ne scriviamo e parliamo. Per quel corpaccione d’Italia (è sempre esistito, beninteso) vagamente reazionario, ma fondamentalmente più semplicistico che animato da idee estremiste sul serio.
Un corpaccione cui piace parlare e pontificare, lo faceva un tempo al bar e oggi sui social. Ama darsi di gomito, ammiccare, cercare una tribù di riferimento in cui riscoprire antiche “certezze” nei confronti di una società che cambia troppo velocemente per i suoi gusti.
Chiunque abbia letto la recente intervista del generale al Corriere della Sera vi avrà trovato concetti di una banalità sconcertante, in modo particolare nei passaggi in cui vorrebbe in qualche misura seminare scandalo con l’aria di quello che passa lì per caso: la solita accozzaglia di luoghi comuni da quarta elementare sugli omosessuali, gli uomini con le gonne, una spruzzatina di Dio, Patria, famiglia e riferimenti storici attaccati fra loro con uno scotch di pessima qualità. Francamente, poca roba.
Perché il punto non è lui, ma quel corpaccione che è parte della storia d’Italia. Pronto ad adattarsi alla moda (in questo caso alla moda al contrario) di turno, di accodarsi al leader o presunto tale più fanfarone, rumoroso e inconsistente che si trovi nei paraggi.
Il problema non è Vannacci, il problema non sono mai stati i tanti Vannacci della nostra storia. Il problema siamo noi.
di Fulvio Giuliani
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Tag: Italia
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