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Impossibile limitarsi ad assistere

Tutto il mondo civile è vittima della guerra in Ucraina, ma di questo crimine deve risponderne anche chi vive nella normalità di lussi e poteri derivanti dalla connivenza con chi reprime le libertà.
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Impossibile limitarsi ad assistere

Tutto il mondo civile è vittima della guerra in Ucraina, ma di questo crimine deve risponderne anche chi vive nella normalità di lussi e poteri derivanti dalla connivenza con chi reprime le libertà.
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Tutto il mondo civile è vittima della guerra in Ucraina, ma di questo crimine deve risponderne anche chi vive nella normalità di lussi e poteri derivanti dalla connivenza con chi reprime le libertà.
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Tutto il mondo civile è vittima della guerra in Ucraina, ma di questo crimine deve risponderne anche chi vive nella normalità di lussi e poteri derivanti dalla connivenza con chi reprime le libertà.
In un Paese civile si danno (forse si davano?) per scontati princìpi, concetti e diritti che oggi, per la prima volta dopo la Seconda guerra mondiale, sono stati sconvolti sino a essere del tutto annichiliti. Si è improvvisamente dissolto quel che fino a una settimana fa era talmente radicato nelle nostre convinzioni di normalità da non essere neppure percepito come irrinunciabile indice di convivenza fra uomini, razze, popoli e nazioni. La guerra che si sta consumando a meno di 2mila chilometri da noi è un’aggressione della quale è vittima tutto il mondo civile, dalla Russia alla Spagna. Non v’è dubbio che la guerra sia una barbarie. Vi sono, peraltro, ambiti di considerazione molto meno assoluti – assai più ordinari, più prossimi a ciascuno di noi – che di quanto sta avvenendo offrono una visione ancora più inquietante. Scenari legati al quotidiano. Alla gente di giustizia, ad esempio, accade di dover affrontare situazioni che, sotto il profilo della ragionevolezza e della logica, possono apparire difficili da comprendere. Due persone sparano e ne uccidono altre due. Un uomo è presente: è fratello degli sparatori, non è armato, non agisce, non interviene, non ne ha il tempo. Per le Corti che hanno giudicato di questo duplice omicidio, tutti e tre devono essere condannati: la pena è identica per tutti, anche per chi era presente e non ha fatto nulla. Come mai? Per via di una norma espressione di un principio rigorosamente applicato: il concorso nel fatto di chi ha ucciso. Se trasliamo dal nostro quotidiano alla considerazione di ciò che avviene in Ucraina, appare evidente la similitudine. Soldati che annientano civili, uomini che schiacciando un bottone abbattono abitazioni, città assediate e distrutte, persone che fuggono e bambini costretti a subire paure dalle quali non si libereranno. Ovverosìa, la guerra. Chi dobbiamo condannare? Gli eserciti? Volti senza nome? E quali sono i princìpi che rendono tutto ciò diverso da quanto viene giudicato ogni giorno nei nostri tribunali? Non ne esistono. Di questo crimine deve rispondere anche chi – pur tenendosi lontano dalla violenza – vive nella normalità di lussi e potere derivanti dalla connivenza con chi reprime le libertà. E deve rispondere non solo dell’avere voluto la guerra ma anche dei morti che questa provoca. di Cesare Cicorella

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