In Italia aumentano i divorzi e le seconde nozze fra gli over 60
Ma cosa spinge le persone, dopo i divorzi, a dire di nuovo “Lo voglio”? Se, come affermava Oscar Wilde, “il matrimonio è la causa principale del divorzio”… perché ricominciare l’avventura?
In Italia aumentano i divorzi e le seconde nozze fra gli over 60
Ma cosa spinge le persone, dopo i divorzi, a dire di nuovo “Lo voglio”? Se, come affermava Oscar Wilde, “il matrimonio è la causa principale del divorzio”… perché ricominciare l’avventura?
In Italia aumentano i divorzi e le seconde nozze fra gli over 60
Ma cosa spinge le persone, dopo i divorzi, a dire di nuovo “Lo voglio”? Se, come affermava Oscar Wilde, “il matrimonio è la causa principale del divorzio”… perché ricominciare l’avventura?
Dopo i 50 anni i tassi di divorzio sono più alti che in passato, ma anche i matrimoni sono in aumento. Sembra che tra bisogno di rinnovamento e sete di libertà, la rinascita romantica ‘argentata’ scommetta sul futuro. Quando l’amore svanisce e muore dopo anni di matrimonio, la vita non si ferma di colpo. Ci sono ‘domani migliori’ per i protagonisti di divorzi e matrimoni ‘grigi’. Questi eventi rappresentano un fenomeno in crescita tra gli sposi non più novelli. Nel 2023 quasi 10mila persone over 60 hanno divorziato in Italia. Il motivo è principalmente strutturale: gli anziani (65 anni e oltre), che ora rappresentano il 20,5% della popolazione, vivono molto più a lungo e meglio di prima, consentendo a tutti di immaginare una vita migliore. Il fallimento quindi non li ha scoraggiati.
Ma cosa spinge le persone divorziate a dire di nuovo «Lo voglio»? Se, come affermava Oscar Wilde, «il matrimonio è la causa principale del divorzio», perché ricominciare l’avventura? Tutte le statistiche sconsigliano di ripetere l’esperienza: in Italia vengono concessi in media 267 divorzi al giorno e la durata media di un matrimonio non supera i cinque anni. Eppure, decine di migliaia di divorziati o vedovi rinnovano i loro voti ogni anno, ponendo il secondo matrimonio sullo stesso piano simbolico del primo. Le tracce della precedente unione vengono, in un certo senso, cancellate da questo nuovo legame e questo è più potente che in una relazione di convivenza.
Sigmund Freud aveva ragione? In diversi suoi testi, lo psicoanalista viennese scrisse che «i secondi matrimoni sono spesso migliori dei primi». Vedeva nel fallimento dei primi matrimoni il segno femminile di una «reazione arcaica di ostilità contro gli uomini». In tre casi su quattro sono le donne a chiedere il divorzio, ma forse perché ora hanno i mezzi finanziari per riprendere la ‘caccia’. Nel film “Kramer contro Kramer” la protagonista, interpretata da Meryl Streep, spiega al marito che se ne va «per esistere e diventare me stessa».
Il primo matrimonio raramente resiste alla sensazione di costrizione e al divario che la vita quotidiana crea tra sogno e realtà. In Occidente si è progressivamente delineato un ideale matrimoniale che richiede agli sposi di amarsi (o di fingere di amarsi) come amanti. Il risultato è che l’amore appassionato non persiste e l’amore coniugale che gli viene equiparato non esiste più. Il vero matrimonio è un’unione che dura, una durata viva e feconda che sfida la morte. È una rivincita di una statica continuità in una civiltà che invece privilegia l’istante e la rottura.
Rinnovare una relazione è in genere una scelta attentamente ponderata dagli innamorati. Le persone risposate hanno imparato dal passato e vogliono mettere a frutto ciò che hanno imparato. La prima volta ci si sposa per fondare una famiglia, metter su una casa, mentre nelle seconde nozze si incarna l’idea di unirsi permanentemente con l’altra persona. Ecco perché il primo matrimonio non getta ombra sul secondo. La promessa di fondo è “io e te fino alla fine”. Ciò che sta alla base della nuova unione è l’idea che amarsi in modo duraturo a volte valga più che amare appassionatamente più volte. Quando ha successo, è molto più esoterico e filosofico del primo: è meno probabile che si manchi il bersaglio. Per riuscirci, forse, è necessario riprovare due volte.
di Francesca Bocchi
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