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Gli insegnanti fanno un sacco di cose, tranne l’unica necessaria: studiare.

L’insegnamento non è una scienza, non è possibile insegnare ad insegnare. Eppure, aggiornarsi e apprendere non dev’essere una prerogativa solo degli studenti ma anche, e soprattutto, degli insegnanti. Altrimenti si diventa burocrati.
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Gli insegnanti fanno un sacco di cose, tranne l’unica necessaria: studiare.

L’insegnamento non è una scienza, non è possibile insegnare ad insegnare. Eppure, aggiornarsi e apprendere non dev’essere una prerogativa solo degli studenti ma anche, e soprattutto, degli insegnanti. Altrimenti si diventa burocrati.
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Gli insegnanti fanno un sacco di cose, tranne l’unica necessaria: studiare.

L’insegnamento non è una scienza, non è possibile insegnare ad insegnare. Eppure, aggiornarsi e apprendere non dev’essere una prerogativa solo degli studenti ma anche, e soprattutto, degli insegnanti. Altrimenti si diventa burocrati.
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L’insegnamento non è una scienza, non è possibile insegnare ad insegnare. Eppure, aggiornarsi e apprendere non dev’essere una prerogativa solo degli studenti ma anche, e soprattutto, degli insegnanti. Altrimenti si diventa burocrati.
Se fosse possibile insegnare a insegnare non solo avremmo risolto da un pezzo i problemi della scuola ma avremmo anche pacificato in modo definitivo l’umanità con sé stessa. E invece, guarda caso, non solo non è possibile insegnare a insegnare ma non è neanche possibile insegnare a imparare. L’insegnamento, per passi avanti che si facciano – ma al momento si fanno solo passi indietro o il famoso passo del gambero – non è una scienza e, per fortuna, non lo sarà mai. Se lo diventasse, l’uomo cesserebbe di essere libero e diventerebbe un automa. Purtroppo, però, coloro che credono di intendersi di scuola e che se ne occupano per lavoro perseguono proprio questo fine illusorio: insegnare a insegnare. Aumentano così le proposte di legge, le scuole di alta formazione, i corsi di formazione che devono essere frequentati da professori e professoresse che in tal modo potranno acquisire le necessarie competenze didattiche per saper insegnare. Una volta questi corsi si chiamavano “corsi di aggiornamento” – si chiamano ancora così e a volte sono anche obbligatori per i docenti che devono frequentarli – e ogni volta che li sento nominare ricordo la battuta amara di un vecchio uomo di scuola che diceva: «Sono corsi di annottamento». La verità è che gli insegnanti fanno un sacco di cose – riunioni, collegi, consigli, corsi, scrutini, dipartimenti – tranne l’unica cosa che dovrebbero veramente fare: studiare. Fa strano persino doverlo ricordare ma, purtroppo, stiamo a questo: perché se un professore non studia, cosa diavolo mai potrà fare o essere? Un burocrate. Ecco cos’è oggi nel sistema scolastico italiano – e l’università segue a ruota – l’insegnante: un passacarte o, di più, un produttore di carte su carte e di file su file. Ma quanto allo studio, che dovrebbe essere il suo pane quotidiano, niente, zero. E invece, un buon insegnante è tutto lì: nella sua preparazione personale che non finisce mai di arricchire conoscendo al meglio autori, critici, epoche. Perché è solo nella sua buona padronanza della “materia” che troverà sia la passione sia la ragione per suscitare negli alunni e negli studenti e in chiunque dovesse incontrarlo e ascoltarlo quell’interesse e quella scintilla che innescano il processo mentale di autoapprendimento. La scuola è la cosa più antica e più moderna che ci sia da duemilacinquecento anni: la maieutica. È la capacità di amare e sapere/non sapere insieme per provocare i dolori di parto nei giovani che devono venire al mondo una seconda volta. Ma ministri e dirigenti con la loro mente statalista corrono dietro alla scienza inesistente che insegna a insegnare. Aggiornatevi.   di Giancristiano Desiderio

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