Avete presente quella meravigliosa sensazione che si prova quando chi vi sta di fronte guarda il telefonino e risponde mugugnando? Sapete che a volte siamo noi quelli che mugugnano col cellulare in mano? Vittime e carnefici. Il termine phubbing, da phone (telefono) e snubbing (snobbare), si riferisce all’atto di preferire l’uso dello smartphone all’interazione con persone fisicamente presenti. Il phubber è colui che ignora mentre il phubbee è la vittima, lasciato lì come un tricheco trascurato. Quando il phubbing s’insinua all’interno delle relazioni di coppia può portare a conseguenze drammatiche. In questo caso abbiamo il termine partner-phubbing – fra i peggiori scioglilingua – in cui uno dei partner ignora l’altro a favore del proprio telefono. Ecco che la presenza fisica si scontra con l’assenza mentale. ‘Na schifezza, insomma.
La qualità della comunicazione risulta essere un elemento cruciale nella soddisfazione delle relazioni, spesso più importante della quantità di tempo trascorso insieme. Uno studio condotto nel 2021 da Beukeboom e Pollmann ha analizzato gli impatti negativi del phubbing nelle relazioni sentimentali. I risultati hanno dimostrato che l’utilizzo eccessivo dello smartphone in presenza del partner è inversamente proporzionale alla soddisfazione relazionale – casomai non ricordaste il significato di inversamente proporzionale chiedete al telefonino, ovviamente se siete soli. Diversi autori hanno analizzato le radici del phubbing, identificando la dipendenza dallo smartphone come il fulcro del problema. Dipendenza da Internet, “Fomo” (paura di perdere qualcosa) e mancanza di autocontrollo sono fattori chiave che contribuiscono al fenomeno. Questo comportamento viene ‘normalizzato’ grazie al falso consenso, alla reciprocità e alla frequenza con cui avviene. Il phubbing si trasforma così in un circolo vizioso, in cui chi subisce diventa anche colui che perpetra il comportamento. Della serie: se lo fai tu allora lo faccio pure io.