L’Italia della villeggiatura che cambia e lo fa in meglio
Le utilitarie stracariche in partenza per la villeggiatura sono un lontano ricordo. L’Italia non si ferma più all’unisono per le vacanze ma cambia, si evolve e lo fa in meglio: impariamo ad accettarlo.
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L’Italia della villeggiatura che cambia e lo fa in meglio
Le utilitarie stracariche in partenza per la villeggiatura sono un lontano ricordo. L’Italia non si ferma più all’unisono per le vacanze ma cambia, si evolve e lo fa in meglio: impariamo ad accettarlo.
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L’Italia della villeggiatura che cambia e lo fa in meglio
Le utilitarie stracariche in partenza per la villeggiatura sono un lontano ricordo. L’Italia non si ferma più all’unisono per le vacanze ma cambia, si evolve e lo fa in meglio: impariamo ad accettarlo.
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Le utilitarie stracariche in partenza per la villeggiatura sono un lontano ricordo. L’Italia non si ferma più all’unisono per le vacanze ma cambia, si evolve e lo fa in meglio: impariamo ad accettarlo.
L’Italia delle villeggiature era l’Italia che scoprì la bellezza di potersi godere il benessere.
Senza le remore e i pudori del Paese dei nostri nonni. Si celebrava lo stacco totale con le attività e la vita di tutti giorni, sospesi per tre o quattro settimane di ‘altrove’. Fisicamente e non solo, perché le vacanze della nostra generazione bambina erano sinonimo di mini traslochi periodici e ricorrenti. Un po’ sempre uguali nei loro riti vagamente buffi e perfetti per l’acida e inarrivabile critica sociale di un Fantozzi-Paolo Villaggio.
Quelle utilitarie stracariche di ogni cosa erano la fotografia di un Paese che si fermava all’unisono, all’ululare dell’ultima sirena dell’ultimo turno della Fiat a Mirafiori, prima delle vacanze d’agosto. Città deserte, negozi sprangati, poche persone – perlopiù anziane – costrette ad aggirarsi in atmosfere spettrali. Eravamo noi e non tantissimo tempo fa.
L’Italia di oggi non sovraccarica più nessuna macchina e, se può, evita di partire in auto perché la benzina costa troppo. Il Paese della vacanza del Terzo millennio (la villeggiatura è ormai un concetto vintage consegnato alle teche Rai) ha imparato a surfare sulle mille opportunità di una società e di un mercato che si sono evoluti vorticosamente e, nella stragrande maggioranza dei casi, in modo decisamente conveniente per il cittadino-consumatore. Più possibilità e varietà di fare qualsiasi cosa, di scegliere qualsiasi meta, viaggio, riposo e vacanza. Ci fermiamo meno di un tempo ma molte più volte nell’arco di un intero anno, senza aspettare il suono di quella sirena che già pochi minuti dopo suonava come la promessa di un angosciante countdown sulla fine della ‘libertà’.
Siamo cambiati in meglio, insomma, imparando a gestire fenomeni contingenti come il boom di costi, prezzi e tariffe di questo agosto 2022. Guerra, inflazione, ma non solo: anche tanta voglia di rifarsi degli anni della pandemia con una fretta eccessiva e controproducente. Una realtà che ha consigliato tante famiglie a organizzarsi non per le partenze intelligenti (mai esistite, in realtà) ma per una ben più oculata gestione delle risorse a disposizione per le vacanze.
Le città, così, non si desertificano più, vivono semplicemente seguendo ritmi diversi – più pacati – consegnandosi docilmente e con gioia all’invasione di turisti tornati da ogni angolo della Terra. Riempie il cuore vedere le folle sciamare nelle nostre città d’arte o al mare, in montagna, ai laghi e in campagna, in un’inarrivabile varietà di storia e bellezza. Nessuno può offrire tanto come noi e abbiamo il dovere di tornare a essere i numeri uno al mondo.
Per farlo – e possiamo – dovremmo però dare una bella svegliata a quell’Italia che sembra essere rimasta ai tempi delle partenze delle Cinquecento schiacciate dalle valigie sugli ammortizzatori. L’Italia dei servizi pubblici che se ne va bellamente in ferie manco fossero gli anni Settanta, il Paese dello Sportello SOS turista creato dalle associazioni dei consumatori che pensa bene di… chiudere fino al 22 agosto. Un’Italia tragicomica, quest’ultima, che pesa come un macigno nella competizione spietata che ci aspetta.
Il Paese che si avvia al tradizionale Ferragosto merita comunque fiducia, per come ha saputo arrivare alle vacanze chiudendo un semestre da record, fra i primi in Europa e al mondo per crescita economica. Non ci capitava da una vita e ben pochi ne parlano, infastiditi dal dover smentire la retorica della decadenza e del fallimento. Un bello smacco per questi cantori del tanto peggio tanto meglio, che ci divertiamo a sottolineare. L’Italia merita le migliori vacanze, anche per la stoica capacità di sopportazione mostrata nell’ultimo mese davanti a una politica da approfondita analisi psicologica.
Partiamo con molti meno bagagli di un tempo, insomma, ma dovremmo proprio mettere in valigia la consapevolezza di essere molto meglio di come amiamo descriverci.
di Fulvio Giuliani
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