Italia senza bambini… nel disinteresse generale
Sì, siamo profondamente sfiduciati perché abbiamo la netta sensazione che di quelle culle senza bambini non importi nulla a nessuno o quasi
Italia senza bambini… nel disinteresse generale
Sì, siamo profondamente sfiduciati perché abbiamo la netta sensazione che di quelle culle senza bambini non importi nulla a nessuno o quasi
Italia senza bambini… nel disinteresse generale
Sì, siamo profondamente sfiduciati perché abbiamo la netta sensazione che di quelle culle senza bambini non importi nulla a nessuno o quasi
Sì, siamo profondamente sfiduciati perché abbiamo la netta sensazione che di quelle culle senza bambini non importi nulla a nessuno o quasi
Cosa si può dire di minimamente intelligente che non sia stato già detto sullo sfacelo demografico a cui si è consegnato il nostro Paese? Facciamo sempre peggio, come ampiamente previsto e prevedibile: neppure 380.000 nati nel 2023, con un calo del 3,4% sul 2022.
Super minimo storico ormai equamente diffuso in tutta Italia, il che significa anche in quel Sud che un tempo amava definirsi magari povero, ma così ricco di figli… Una volta.
Nel 1964, nacque 1 milione di bambini e non ci vuole un esperto sociologo per sottolineare l’abisso con quel Paese che scommetteva gioiosamente su se stesso e riempiva le culle. 19 anni dopo la fine della più devastante guerra della storia, mentre nascevano i Beatles e i Rolling Stones, mentre oggi viviamo un’Italia pasciuta e annoiata, che ama raccontarsi di essere fallita e ascolta l’autotune (ci torneremo).
Sappiamo tutto, ma non facciamo nulla per modificare il trend. Ripetiamo sempre le stesse cose, davanti a un’audience via via più distratta, lontana, assuefatta e soprattutto rassegnata. Ci raccontiamo che è colpa dei soldi che mancano, del lavoro che non c’è, di un’Italia che non è per giovani ed è tutto vero. Eppure continuiamo a non far un bel niente: i grandi si ostinano a ripetere che “ai loro tempi…” e i più giovani – sempre meno numerosi, irrilevanti in termini elettorali, coccolati a parole e dimenticati nella pratica – semplicemente hanno smesso di ascoltare.
Anche noi, in tutta franchezza, ne scriviamo più per disperazione che convinti di poter aggiungere qualcosa di utile. Avremo buttato giù decine di articoli, pensieri, post, ne avremo parlato ore, ore e ore in radio o in televisione: servono servizi, servono nidi, serve sport sin dalla più tenera età accessibile per tutti in termini economici e pratici, servono flessibilità e intelligenza al lavoro. Tutto questo ancor prima dei contratti a tempo indeterminato o di una legislazione favolosa sulla carta, ma che ha finito per iper proteggere una quota di donne e abbandonare completamente un’altra. Purtroppo maggioritaria.
Lo abbiamo detto, lo ripetiamo, ma non cambierà niente.
Ricominceremo a parlare già domani solo di pensioni, di diritti acquisiti, di ulteriori tutele per i già tutelati, fino alla prossima doccia fredda dell’Istat, qualche bonus inutile e un paio di mance senza senso distribuite qui e là. Sì, siamo profondamente sfiduciati perché abbiamo la netta sensazione che in fin dei conti di quelle culle desertificate non importi nulla a nessuno o quasi.
di Fulvio Giuliani
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