Guerra contro peccatori e omossessuali
Le affermazioni di Kirill, patriarca della chiesa ortodossa, sembrano giustificare la violenza della guerra. Qui però non si tratta di fede ma di aderenza alla realtà.
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Guerra contro peccatori e omossessuali
Le affermazioni di Kirill, patriarca della chiesa ortodossa, sembrano giustificare la violenza della guerra. Qui però non si tratta di fede ma di aderenza alla realtà.
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Guerra contro peccatori e omossessuali
Le affermazioni di Kirill, patriarca della chiesa ortodossa, sembrano giustificare la violenza della guerra. Qui però non si tratta di fede ma di aderenza alla realtà.
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Le affermazioni di Kirill, patriarca della chiesa ortodossa, sembrano giustificare la violenza della guerra. Qui però non si tratta di fede ma di aderenza alla realtà.
Dice Kirill, patriarca della chiesa ortodossa russa: «Siamo entrati in una guerra che non ha significato fisico ma metafisico». Alato pensiero e non commentiamo mai questioni di fede che, però, qui c’entrano nulla.
Facciamo osservare che i morti lasciati sul campo dai russi sono estremamente fisici. Sia nella popolazione civile aggredita che fra le fila di ragazzi al servizio dell’aggressore. Aggiunge che la guerra «è un test della fedeltà al Signore». E questa è faccenda di fede. Non nuova, dato che altri genocidi s’appellarono alla divinità, come anche i fondamentalisti islamici.
La nostra laica convinzione è che l’abbiano e la stiano bestemmiando. Comunque la cosa dovrà essere parte della riflessione in Vaticano, essendo quella ortodossa una chiesa cristiana e dicendosi Oltretevere contro le guerre.
Infine Kirill tira in ballo gli omosessuali, affermando che «le parate del gay pride dimostrano che il peccato è una variabile del comportamento umano», sicché la guerra sarebbe giusta anche per contrastare tale peccato. Nel nostro mondo libero si può partecipare a una di quelle manifestazioni o anche dissentire e apertamente criticarle.
Nelle parole del patriarca, all’opposto, c’è un desiderio di condanna che giunge a giustificare la violenza. Non discutiamo se sia cristiano o meno, sappiamo per certo che è costume diffuso presso le dittature e le teocrazie, comprese quelle musulmane.
Una ragione in più per non concedere nulla alla barbarie del fare della fede uno strumento di morte.
di Sofia Cifarelli
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