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L’università italiana cresce ma arranca

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La nostra università migliora ma arranca ancora nell’Unione Europea. In particolare ci sono da segnalare più iscritti e un azzeramento del gender gap

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L’università italiana cresce ma arranca

La nostra università migliora ma arranca ancora nell’Unione Europea. In particolare ci sono da segnalare più iscritti e un azzeramento del gender gap

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L’università italiana cresce ma arranca

La nostra università migliora ma arranca ancora nell’Unione Europea. In particolare ci sono da segnalare più iscritti e un azzeramento del gender gap

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La nostra università migliora ma arranca ancora nell’Unione Europea. In particolare ci sono da segnalare più iscritti e un azzeramento del gender gap. Però, con appena il 31,6%, l’Italia è al penultimo posto Ue per quota di giovani laureati tra 25 e 34 anni (anche se in realtà questi confronti internazionali vanno sempre presi con le molle: i sistemi scolastici sono diversi e i Paesi con percentuali più elevate presentano una parte di titoli con valore culturale basso). Eurostat mette in testa alla classifica Irlanda e Lussemburgo con il 60% e altri Paesi come Lituania, Cipro e Belgio che superano il 50%. I dati più recenti mostrano però come il nostro Paese stia risalendo nel ranking.

Ovvio che pesa la situazione geografica a macchia di leopardo, oltre al fatto – e non potrebbe essere altrimenti – che la condizione socio-economica di partenza continua a influenzare l’accesso ai livelli più alti dell’istruzione. Infatti, dicono sempre i numeri, quando i genitori sono diplomati quasi un giovane su quattro (23,9%) abbandona precocemente gli studi e soltanto il 12% raggiunge la laurea.

L’Italia è pien di dualismi e contraddizioni. E nemmeno le università sfuggono alla regola

Del resto si sa, il Belpaese è pieno di dualismi e contraddizioni. E nemmeno le università sfuggono alla regola, anche sotto l’aspetto qualitativo. All’estero i docenti tendono a far ricerca fino all’ultimo giorno; da noi invece, una volta conquistata la cattedra, sboccia una spiccata propensione verso le attività esterne, più remunerative. E questo perché il nostro sistema accademico non premia il merito lungo il percorso.

Università italiane, gli aspetti positivi

Ma veniamo agli aspetti positivi. Si segnala il sorpasso sui maschi delle studentesse, che riescono a ottenere anche risultati migliori e a laurearsi in tempi più brevi rispetto ai loro colleghi. Anche se poi il gender gap si fa sentire nel prosieguo della carriera accademica, subito dopo il conseguimento del dottorato. E qui si aprirebbe un altro capitolo. Bella cosa che le ragazze superino i ragazzi, ma quante poi lavorano o fanno la professione corrispondente ai loro studi? Negli anni Sessanta la scuola (non l’università) assorbiva molte laureate, con lo stereotipo dell’insegnamento come lavoro part-time. Adesso c’è la progressiva femminilizzazione di magistratura e pubblica amministrazione proprio perché, là dove si entra per concorso, le donne fresche di studi arrivano ai concorsi meglio preparate. Un patrimonio di conoscenze che spesso non trova adeguato riconoscimento nello sviluppo di carriera.

In Italia c’è un record di immatricolati

Secondo le ultime rilevazioni, in Italia c’è un record di immatricolati: si è superata quota 2 milioni. Possiamo insomma dire di non aver mai avuto così tanti iscritti come quelli registrati nell’anno accademico 2024/25, secondo gli open data del Ministero dell’Istruzione e del Merito. Negli ultimi dieci anni gli iscritti agli atenei sono aumentati di oltre 300mila unità. Va precisato che la crescita è stata trainata soprattutto dalle università telematiche, che vantano infatti una quota di immatricolati di circa 305mila studenti. Un mondo discusso, il loro. Si manifestano riserve sulla qualità dell’insegnamento, ma d’altra parte molti studenti lavoratori e/o non più giovanissimi hanno un’occasione in più per acculturarsi.

L’ateneo tradizionale più popoloso, “La Sapienza” di Roma, riesce a spuntarla di poco su quello online maggiormente gettonato: 112.426 iscritti nella capitale contro i 109.732 di Unipegaso. Proprio grazie al contributo degli atenei telematici negli ultimi dieci anni il numero complessivo di studenti universitari è cresciuto del 19%, passando da 1.702.414 iscritti nel 2014/2015 ai 2.025.434 del 2024/25. Un incremento che non riguarda soltanto la quantità ma anche la composizione degli studenti, oggi sempre più ‘in rosa’: le ragazze sono 1.152.280 contro 873.154 studenti uomini. A livello territoriale, i luoghi del sapere del Centro Nord confermano la loro attitudine, mentre il boom si registra negli atenei del Sud con numeri in costante ascesa.

di Giovanna Guzzetti e Franco Vergnano

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