Come ogni Natale torna centrale il dibattito sulla povertà, da combattere sì ma anche un valore da promuovere per la Chiesa. Il consumismo viene visto sovente come il male ma non è detto che anche nello fare shopping non si possa essere spirituali
Natale: orgia di consumismo o momento di ascetica spiritualità? Per i pontefici in genere è un’occasione solenne e ricorrente per contrapporre gli interessi terreni alle cose celesti, quali valori distanti se non incompatibili. Al centro è sempre il tema della povertà, peraltro posto in termini spesso equivoci: povertà da combattere – nel senso di favorire per quanto possibile un certo benessere materiale o quantomeno una dignitosa sopravvivenza – oppure povertà da promuovere come valore e ideale in sé? Si tratta, come è evidente, di due tesi opposte. Aiutare l’indigente non significa trasfigurarlo in eroe, santo o tantomeno in modello universale: piuttosto, al di là di ogni soccorso immediato, favorirne la capacità di bastare a sé stesso. Il vittimismo non aiuta il povero e frena il Pil. In questo, la cultura protestante ha molto da insegnare a quella cattolica.
Gesù non era povero. Giuseppe era un rispettato artigiano. Il falegname costruisce, trasforma, inventa, continuando così l’opera divina della creazione. Al tempo la categoria, organizzata in corporazione, godeva di speciale considerazione sociale. Si può anche immaginare che il casto sposo di Maria disponesse di un laboratorio attrezzato e di un certo numero di collaboratori. Quanto alla capanna del presepe, sempre rappresentata come estrema e precaria sistemazione di fortuna, secondo varie fonti poteva ben consistere nella dépendance di una decorosa struttura d’accoglienza. Perfino la tunica di Cristo che i soldati romani si giocarono a sorte era un ambìto indumento in tessuto pregiato.
L’iconografia cristiana e l’idea stessa del Natale hanno in sé valori universali di amore e rinascita, condivisibili anche laicamente e del tutto compatibili con un’idea di sobria agiatezza. I pacchi dorati, i colori e le luci dei negozi ne fanno parte: è festa. Festa di luci e luminarie urbane: dove, fin dalle (ignote) origini, gli elementi mistici si intrecciavano con folklori pagani legati appunto alla divinità del Sole. Molti pensatori e filosofi notoriamente atei o pessimisti – da Schopenhauer al cupo Dostoevskij fino a Jean Paul Sartre, esistenzialista nauseato – partecipano sorprendentemente di quel clima, come confermano diversi epistolari e appunti privati. Perfino Nietzsche, nella corrispondenza ai familiari, si mostra affascinato dall’atmosfera della Natività: se Dio è morto, di certo sarà nato e non è escluso possa resuscitare a Pasqua. In fondo, lo stesso shopping ha una sua spiritualità.
di Gian Luca Caffarena
La Ragione è anche su WhatsApp. Entra nel nostro canale per non perderti nulla!
-
Tag: società
Leggi anche
Luminarie e impatto ambientale, “accendere” il Natale è costoso
23 Dicembre 2024
Che Natale sarebbe senza le luminarie? Tutto questo luccichio ha un costo importante in termini …
Vite in bilico, come rischiare la propria vita per un like – IL VIDEO
20 Dicembre 2024
Il rooftopping è la moda di scattare selfie e fare video dalla cima dei grattacieli. Una pratica…
“Lavoro solo perché devo”, così la Gen Z sta cambiando il mondo dell’occupazione
20 Dicembre 2024
Ecco cosa accade quando il gap generazionale sfocia nel mondo del lavoro: molte aziende statunit…
La “sindrome di Grinch” esiste davvero
19 Dicembre 2024
La sindrome di Grinch, un concentrato d’ansia e di affaticamento che si manifesta quando lo stre…
Iscriviti alla newsletter de
La Ragione
Il meglio della settimana, scelto dalla redazione: articoli, video e podcast per rimanere sempre informato.