La Tesla di fine Ottocento
La Tesla di fine Ottocento. Tra le prime automobili mai costruite, a dominare la scena furono proprio i veicoli a batteria

La Tesla di fine Ottocento
La Tesla di fine Ottocento. Tra le prime automobili mai costruite, a dominare la scena furono proprio i veicoli a batteria
La Tesla di fine Ottocento
La Tesla di fine Ottocento. Tra le prime automobili mai costruite, a dominare la scena furono proprio i veicoli a batteria
Oggi l’auto elettrica è simbolo di innovazione e sostenibilità, ma la storia di questa forma di mobilità comincia nell’Ottocento. Quando tra le prime automobili mai costruite, a dominare la scena furono proprio i veicoli a batteria.
Riavvolgendo il nastro troviamo il primo pioniere di questa tecnologia: lo scozzese Robert Anderson. Il quale tra il 1832 e il 1839 ideò un primitivo prototipo di e-car. L’esperimento destò l’attenzione di mezza Europa e fece numerosi proseliti. Solo qualche anno dopo, nel 1835, il professore olandese Sibrandus Stratingh realizzò infatti un piccolo veicolo elettrico con l’aiuto del suo assistente Christopher Becker. Anche la Germania contribuì alla storia con la Flocken Elektrowagen, costruita nel 1888 e considerata il primo esempio di vera auto elettrica. Nel 1898 addirittura Ferdinand Porsche, fondatore della celebre casa automobilistica, progettò un modello completamente elettrico (la P1). prototipo che rappresentò anche la prima macchina in assoluto prodotta dal marchio.
Questa piccola ma significativa rivoluzione tecnologica si stava peraltro già affermando a livello urbano. Silenziose e pulite, le auto elettriche erano infatti ideali per i brevi tragitti in città, dove le strade erano in condizioni migliori rispetto alle disastrate vie extraurbane. Una sfida tecnologica e commerciale che attirò l’attenzione anche di due giganti della storia industriale dell’epoca: Thomas Edison e Henry Ford. Il primo, convinto sostenitore dell’elettrico, lavorò allo sviluppo di batterie più performanti. Il secondo, inventore della catena di montaggio e fondatore della Ford Motor Company, nel 1914 annunciò insieme all’amico Edison l’intenzione di lanciare un’auto elettrica a basso costo.
Del resto il mercato sembrava essere particolarmente ricettivo a quel tipo di soluzione. Negli Stati Uniti dei primi del Novecento, su 4mila veicoli prodotti ben 1.600 erano elettrici. Nella sola New York, tra il 1900 e il 1914, c’erano oltre 40 stazioni di ricarica e le vetture a batteria venivano impiegate anche come taxi, in una prima embrionale rete infrastrutturale di mobilità alternativa. Il tutto senza rinunciare alle performance, dato che la prima vettura in assoluto in grado di raggiungere i 100 km/h (la Jamais Contente, prodotta dalla Compagnie générale belge des transports automobiles Jenatzy) era elettrica. Un risultato sorprendente, in un’epoca in cui i motori a vapore e a combustione erano già diffusi ma non risultavano essere altrettanto performanti.
Nonostante il terreno apparentemente fertile, l’esperimento di Edison e Ford si concluse con una perdita stimata di 1,4 milioni di dollari. Un risultato su cui incisero principalmente gli elevati costi di produzione e la scarsa autonomia delle batterie allora in uso. Scottato dall’esperienza, Ford decise di investire le proprie risorse nelle auto a benzina – più economiche e maggiormente affidabili – indirizzando così il mercato e decretando la temporanea sconfitta dell’elettrico. Il resto è storia.
Un percorso, quello dell’auto elettrica, che mostra come non tutte le innovazioni seguano una traiettoria lineare. Ci sono pause, deviazioni, persino fallimenti. Ma ciò non le rende meno importanti. Al contrario, il passato ci mostra che le idee visionarie possono trovare nuova linfa anche dopo decenni di oblio. Perché quello che oggi chiamiamo futuro, in realtà è già stato immaginato due secoli fa.
Di Stefano Faina e Silvio Napolitano
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