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L’arcitaliano

C’è un prima e dopo Silvio Berlusconi in ognuno di noi, sia per chi lo ha santificato che per chi lo ha demonizzato. Nessun escluso
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L’arcitaliano

C’è un prima e dopo Silvio Berlusconi in ognuno di noi, sia per chi lo ha santificato che per chi lo ha demonizzato. Nessun escluso
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C’è un prima e dopo Silvio Berlusconi in ognuno di noi, sia per chi lo ha santificato che per chi lo ha demonizzato. Nessun escluso
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C’è un prima e dopo Silvio Berlusconi in ognuno di noi, sia per chi lo ha santificato che per chi lo ha demonizzato. Nessun escluso
Questa è una fotografia di tutti noi, nessuno escluso. A cominciare da chi Silvio Berlusconi non l’ha mai sopportato: nessuno finisce fuori l’occhio dell’obiettivo, nelle ore in cui si saluta il Cavaliere. Perché l’uomo che sognò sopra ogni altra cosa di diventare Silvio Berlusconi, il Paese lo ha cambiato sul serio. Almeno due volte. C’è un prima di “lui” e un dopo, in ciascuno di “noi”. È necessario essere stati almeno adolescenti negli anni Ottanta per capire fino in fondo di cosa stiamo scrivendo. Anche i più giovani, però, Silvio Berlusconi lo hanno vissuto: un po’ nelle sue ultime versioni, tanto nei racconti e magari nelle litigate dei genitori. Quando avviò la sua avventura con TeleMilano – inseguito dai risolini di scherno e compatimento di molti espertoni del tempo – l’Italia andava a nanna presto, cullata dalle rassicuranti note della buonanotte della televisione di Stato. L’uomo che aveva già vissuto un paio di esistenze da chansonnier e fortunato imprenditore immobiliare ci proiettò in una dimensione para americana, con la televisione trasformata nella piazza del paese. Tv che non era più il bonario e un po’ soporifero focolare tanto caro agli storici dirigenti Rai, ma la vera casa degli italiani. La cucina delle signore, la cameretta dei ragazzini, il salotto della famiglia riunita, le stanze dei nonni. Ce n’era per tutti i gusti nelle sue tv e seppe dare esattamente ciò che gli italiani neppure sapevano ancora di volere. Del resto, Silvio Berlusconi è stato prima di ogni altra cosa un venditore fenomenale. Anatemi e allarmi si sprecarono, sostenuti da una intellighenzia che vide nella tv inventata dal Cavaliere l’origine di ogni male. In realtà Canale 5, Italia1 e Retequattro accompagnarono la fine della società come l’avevamo conosciuta sino ad allora. L’Italia era ansiosa di tuffarsi nei rutilanti anni dell’edonismo reaganiano, lasciandosi alle spalle gli orrori del decennio del terrorismo. La seconda volta in cui ci ha cambiato la vita fu ben più traumatica, con la “discesa in campo”. Una videocassetta con cui Berlusconi mutò per sempre la politica italiana, il rapporto fra gli elettori e i partiti, seppellendo a tempo di record un intero mondo e un sistema di potere devastato da Tangentopoli. Molti non si accorsero che in lui c’era molto più del parvenu spinto dalle tv; qualcuno fece finta di nulla, tantissimi rimasero così scioccati da cominciare a nutrire un raro odio. È storia. Impossibile dire se il tumultuoso cambiamento avviato nel 1994 abbia finito per sommare più aspetti positivi o negativi. In qualche misura il ragionamento è ozioso: considerata la portata della “rivoluzione”, pensare che abbia potuto fare solo bene o male è ridicolo. Cambiammo, questo è il fatto: alcuni con lui, altri nonostante lui. Vale per chi lo santificò e per chi lo dipinse come il demonio, in entrambi i casi non di rado mossi da bassi interessi personali. Per la stragrande maggioranza è stato essenzialmente l’arcitaliano. di Fulvio Giuliani

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