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L’inquietante rabbia intorno a noi

Ormai una delle poche costanti della nostra quotidianità, sia “fisica“ che online, sembra essere l’ossessiva ricerca di un ‘nemico’

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L’inquietante rabbia intorno a noi

Ormai una delle poche costanti della nostra quotidianità, sia “fisica“ che online, sembra essere l’ossessiva ricerca di un ‘nemico’

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L’inquietante rabbia intorno a noi

Ormai una delle poche costanti della nostra quotidianità, sia “fisica“ che online, sembra essere l’ossessiva ricerca di un ‘nemico’

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Ormai una delle poche costanti della nostra quotidianità, sia “fisica“ che online, sembra essere l’ossessiva ricerca di un ‘nemico’

Ormai una delle poche costanti della nostra quotidianità, sia “fisica“ che online, sembra essere l’ossessiva ricerca di un ‘nemico’. Del bersaglio sul quale sfogare non si sa bene quali e quante frustrazioni, volontà represse, insoddisfazioni personali e collettive.

Come possiamo mai meravigliarci del livello a cui si è abbassata la nostra politica – in una tragicomica caccia all’urlo, al tema fintamente epocale e in realtà buono per 36 ore al massimo – se siamo noi i primi a interpretare il prossimo come un pungiball. Un comodo bersaglio su cui riversare i nostri fallimenti, le nostre piccole difficoltà e frustrazioni quotidiane.

Guardatevi intorno, a cominciare dai social regolarmente trasformati in arene anche per chi cerca un approccio razionale, magari molto fermo, ma non aggressivo. Siamo così abituati all’idea di attaccare e mordere che confondiamo l’avere un’idea e difenderla con onestà intellettuale con un’insana volontà di dare lezioni al prossimo. A tutti i costi.

Accade ogni giorno, ma mi ha molto colpito la reazione di alcuni – sulle diverse piattaforme – al francamente innocuo e dimenticabile mio commento sulla polemica Max Pezzali-Claudio Cecchetto.
Per quanto avessi scritto dell’evidente “leggerezza“ del tema, non sono mancati i censori e i maestrini dalla penna rossa. Quelli del “ma come puoi mai scrivere di un tema del genere“, con toni che andavano dall’indignato al vagamente schifato.

Non si può esercitare la suprema arte dell’indifferenza, di fronte a ciò che non ci appassiona? Dobbiamo per forza bollare, giudicare, silurare, pur di affermare una nostra non meglio precisata superiorità di contenuti, ragionamenti? Senza farci mancare un pizzico di moralismo, visto che ci siamo.

Per farla molto breve, converrebbe sempre farsi una semplice domanda, prima di lanciare il contro qualcuno: siamo così certi di avere qualcosa da insegnare agli altri? Riscopriamo l’ascolto, il fondamentale esercizio del dubbio.

di Fulvio Giuliani

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