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Manfredonia, abusivismo “normale”

A Manfredonia, le case popolari sono in gran parte ben tenute nonostante i 50 alloggi occupati in barba alle graduatorie. Eppure nessuno si stupisce, eppure è “normale”.
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Manfredonia, abusivismo “normale”

A Manfredonia, le case popolari sono in gran parte ben tenute nonostante i 50 alloggi occupati in barba alle graduatorie. Eppure nessuno si stupisce, eppure è “normale”.
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Manfredonia, abusivismo “normale”

A Manfredonia, le case popolari sono in gran parte ben tenute nonostante i 50 alloggi occupati in barba alle graduatorie. Eppure nessuno si stupisce, eppure è “normale”.
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A Manfredonia, le case popolari sono in gran parte ben tenute nonostante i 50 alloggi occupati in barba alle graduatorie. Eppure nessuno si stupisce, eppure è “normale”.
Quando si parla di case popolari occupate istintivamente vengono in mente immagini di edifici fatiscenti, porte sfondate e allacci abusivi. A Manfredonia, Comune di quasi 60mila abitanti in provincia di Foggia, non c’è niente di tutto questo. Da tre decenni non si costruiscono nuove case popolari ma quelle esistenti sono in gran parte ben tenute, nonostante siano almeno 50 gli alloggi in cui risiedono persone che non ne hanno diritto. Abusivi che una volta entrati hanno rifatto completamente le abitazioni, nonostante non abbiano alcun titolo per starci dentro. Ma d’altronde chi vive qui racconta che quelli che hanno materialmente forzato le serrature per occupare una casa sono una minoranza: nella maggior parte dei casi a consegnare le chiavi sono stati gli assegnatari degli alloggi. O i loro parenti, quando l’assegnatario risulta deceduto. Peccato che per le case popolari esistano delle graduatorie e non diventino di proprietà di chi ne ha avuto l’assegnazione. Né tantomeno di figli, parenti o nipoti, perché anche per il ramo familiare serve una determina: il diritto non si acquisisce certo per cognome. Eppure nessuno si stupisce, eppure è normale. Certo, tranne per chi è in cima alla graduatoria e avrebbe diritto a una casa che non ottiene perché dentro c’è qualcun altro. Gli sgomberi, per il momento, sono solo annunciati sulla carta e non nei fatti. Anche perché qui c’è da fare i conti con la criminalità: bussando alle porte di queste case la maggior parte delle persone che ci troviamo davanti o ha precedenti penali o ha qualche familiare in carcere. Così mantenere lo status quo da un certo punto di vista sembra il male minore, rispetto allo sgomberare certe famiglie. Quelle con minori sono tantissime; c’è chi ha quattro, cinque figli e anche se non ha una casa assegnata si sente in fondo in pieno diritto di restare dentro a quella che ha occupato. E poi c’è chi invece ha un alloggio popolare e vive altrove, lo affitta in nero, alle volte anche ai turisti, ci raccontano i residenti. I controlli capillari non sono semplici, eppure sono l’unico modo per cercare di riportare a una parvenza di normalità una situazione che al momento è invece fuori controllo. Dove l’unica soluzione è quella di provare ad arrangiarsi come si può. Il meccanismo in fondo è il medesimo in tutte le città. A Milano nelle scorse settimane alcuni palazzi che erano da anni pieni di abusivi sono stati sgomberati. Senza incidenti. Significa che intervenire è possibile e lo è pure farlo senza scatenare il caos. Non si tratta di buttare fuori persone bisognose, ma di far valere un principio di legalità che è alla base di qualsiasi società civile.   di Annalisa Grandi    

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