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Moda

Moda: migliaia di nuove assunzioni in vista ma mancano i candidati

Su un fabbisogno annuale di circa 9mila profili tecnici specializzati, il sistema della formazione ne immette sul mercato non più di 2mila. 7mila richieste restano insoddisfatte

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Moda: migliaia di nuove assunzioni in vista ma mancano i candidati

Su un fabbisogno annuale di circa 9mila profili tecnici specializzati, il sistema della formazione ne immette sul mercato non più di 2mila. 7mila richieste restano insoddisfatte

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Moda: migliaia di nuove assunzioni in vista ma mancano i candidati

Su un fabbisogno annuale di circa 9mila profili tecnici specializzati, il sistema della formazione ne immette sul mercato non più di 2mila. 7mila richieste restano insoddisfatte

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Su un fabbisogno annuale di circa 9mila profili tecnici specializzati, il sistema della formazione ne immette sul mercato non più di 2mila. 7mila richieste restano insoddisfatte

Saper fare e saper raccontare. Davvero la moda italiana è sempre più caratterizzata dalla ‘narrazione’ di aspiranti influencer e stilisti e sempre meno da chi ha tra le proprie mani quel talento del fare artigianale che contraddistingue il Made in Italy? È un dilemma che – a giudicare dalla difficoltà delle aziende a reperire sul mercato ricamatori, sarti, prototipisti e altri profili specializzati – sembra attanagliare il settore. Forse però è possibile invertire la tendenza.

Del resto si parla di un comparto leader della manifattura nazionale, con oltre 64.300 imprese, un fatturato di più di 108 miliardi di euro e 600mila persone impiegate (secondo dati di Confindustria Moda). Entro il 2026 l’industria del settore tessile, moda e accessorio è proiettata ad assumere tra le 60mila e le 94mila nuove risorse. Tra i profili più richiesti, proprio quelli tradizionali come gli addetti alla cucitura, i designer tecnici, i meccanici di tessitura et cetera. Eppure, su un fabbisogno annuale di circa 9mila profili tecnici specializzati, il sistema della formazione ne immette sul mercato non più di 2mila. Ben 7mila richieste restano quindi insoddisfatte. «Da anni registriamo la difficoltà di trovare nuove figure per sostituire chi va in pensione» spiega Vittoria Foraboschi, responsabile dell’ufficio Stile di Maison Signore, azienda attiva da oltre 40 anni nella produzione artigianale di abiti da sposa distribuiti in Italia e nel mondo. «Tutti vogliono fare i blogger, gli stilisti e gli influencer, ma nessuno vuole cimentarsi come sarto, ricamatore, modellista. Eppure la richiesta c’è». 

In un sistema in cui tutto quello che viene vissuto deve anche essere ‘raccontato’, l’idea delle figure professionali più tradizionali e specializzate – collegate a un lavoro esclusivamente manuale e spesso a retribuzioni poco invitanti – ha dovuto fare i conti con una svalutazione culturale, a favore di ruoli più visibili e spesso improvvisati: «Il problema culturale esiste eccome. Cucire e ricamare sono lavori faticosi, diventa difficile far capire il sacrificio e l’amore che servono in un percorso professionale come questo» osserva Foraboschi.

«Il sistema moda sta facendo i conti con l’esigenza di un ricambio generazionale» sottolinea Matteo Secoli, presidente dell’Istituto Secoli, scuola di alta formazione nel mondo della moda con sede a Milano che recentemente ha inaugurato a Novara un corso per formare nuovi prototipisti. «Sicuramente lavori come sartoria e ricamo hanno un carico di fatica importante, ma incarnano quell’arte e quel saper fare che ha reso grande il Made in Italy, qualcosa che l’intelligenza artificiale e la tecnologia non potranno intaccare nella loro essenza. Mettiamoci però anche nei panni dei più giovani: da anni raccontiamo loro soltanto la fatica e la difficoltà. C’è da rimettere in moto un meccanismo virtuoso e la risposta andrebbe data a livello di sistema, coniugando la formazione con la capacità delle aziende di raccontare ai giovani la bellezza di un lavoro che sarà probabilmente tra i pochi a restare per sempre» conclude Secoli.

di Valentina Monarco

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