Il nuovo Twitter di Musk. Ma chi controlla il controllore?
La “rivoluzione” di Elon Musk di riscrivere tutte le regole così come le abbiamo conosciute fino ad oggi passa anche per Twitter. Il canale ideale per una rivoluzione sperimentale sul campo e per il suo enorme potere politico.
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Il nuovo Twitter di Musk. Ma chi controlla il controllore?
La “rivoluzione” di Elon Musk di riscrivere tutte le regole così come le abbiamo conosciute fino ad oggi passa anche per Twitter. Il canale ideale per una rivoluzione sperimentale sul campo e per il suo enorme potere politico.
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Il nuovo Twitter di Musk. Ma chi controlla il controllore?
La “rivoluzione” di Elon Musk di riscrivere tutte le regole così come le abbiamo conosciute fino ad oggi passa anche per Twitter. Il canale ideale per una rivoluzione sperimentale sul campo e per il suo enorme potere politico.
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La “rivoluzione” di Elon Musk di riscrivere tutte le regole così come le abbiamo conosciute fino ad oggi passa anche per Twitter. Il canale ideale per una rivoluzione sperimentale sul campo e per il suo enorme potere politico.
La domanda che rimbalza da un continente all’altro è: «Cosa vuole Elon Musk da Twitter e perché l’uomo più ricco della terra ha comprato il social dei cinguettii?». Cercare la risposta ci porterebbe fuori strada, perché significherebbe provare a valutare le mosse del fondatore della Tesla e di SpaceX come quelle di un normale tycoon, di un uomo d’impresa e d’affari di enorme successo ma comunque come altri.
Elon Musk – è la storia della sua vita a ricordarcelo – ha una visione radicalmente diversa, riassumibile nell’ansia di riscrivere tutte le regole così come le abbiamo conosciute. Dalle auto e dalla mobilità alla ricerca e all’esplorazione spaziale, sino alla comunicazione. Twitter è stato scelto per il suo enorme potere “politico”, come canale ideale per una rivoluzionaria sperimentazione sul campo. Non sappiamo cosa potrà diventare in mano a Elon, sappiamo che non sarà neppure lontanamente paragonabile a come era stato disegnato dal suo iconico fondatore Jack Dorsey.
Prendete due fotografie – una di Musk e una dell’uomo che ebbe l’intuizione di Twitter – e mettetele una di fianco all’altra. Non sarà necessario altro, per avvertire la distanza siderale che si avverte anche fisicamente fra i due. Il nuovo boss, emblema del liberismo più sfrenato, della mitologia americana della “nuova frontiera” adattata al mondo senza confini e limiti apparenti del Terzo millennio. L’altro, Jack, hipster che più hipster non si potrebbe, manifesto dell’America liberal che sta sommamente sulle scatole a Musk. Non certo a caso quest’ultimo ha di recente polemizzato aspramente con un altro guru del mondo digitale e progressista, il fondatore di Microsoft Bill Gates, messo pesantemente nel mirino dopo le sue presunte manovre speculative contro Tesla.
Oltre i conflitti di personalità, il vero punto è però un altro: cosa ne sarà di una piattaforma che – secondo il ‘manifesto’ di Elon Musk – dovrà diventare il regno della «libertà di parola». Espressione bellissima e affascinante, teoricamente incontestabile ma complicatissima da declinare se si scende dal piano dello show e si va alla pratica quotidiana. Che significa libertà di parola in un social che può spostare milioni di voti e determinare l’esito di intere elezioni? Chi controlla, chi pone dei limiti, chi controlla il controllore? Tutte domande da sempre senza risposta, ma che con l’avvento di Musk hanno assunto ulteriore urgenza e spinto la stessa Casa Bianca a dirsi «preoccupata» dall’evolvere della situazione. Non preoccupata da Musk – sarebbe ingenuo e autolesionista farlo trasparire – ma legittimamente più che interessata all’affermazione di princìpi di controllo che in una società moderna e democratica non si possono demandare alla buona volontà dei singoli o delle imprese. Perché il tema non è l’eventuale ritorno di Donald Trump in Twitter (peraltro al momento escluso dall’ex presidente) ma l’occasione di un Far West digitale che potrebbe presentarsi per decine di milioni di utenti in tutto il globo. Circostanza ben più preoccupante.
Le prime mosse annunciate da Musk, del resto, vanno verso una prevedibile e certo non sorprendente deregulation totale, con tanto di uscita dalla Borsa. Il delisting, guarda un po’, permette di sfuggire a un’altra serie di rigidi controlli previsti per le società quotate. Nello spettacolo di Musk non c’è spazio per altri sul palco.
di Fulvio Giuliani
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