Il Natale che imbarazza
Il Natale che imbarazza
Il Natale che imbarazza
Sarà una “Festa di Natale” movimentata quella in arrivo all’Istituto universitario europeo (Eui). Se così ancora si chiamerà. Il rinomato ente di ricerca – con sede nella Badia fiesolana, fuori Firenze – sta valutando infatti di modificarne il nome in un più inclusivo “Festa di fine anno”. Da quando un paio di settimane fa è trapelata la notizia della possibile modifica, l’Eui è finito al centro di un polverone mediatico e politico. Si capisce, non si sente il bisogno di farsi contagiare dal revisionismo linguistico tanto virulento all’estero. Il mondo accademico – basta uno sguardo all’ambiguità diffusa sul conflitto in Medio Oriente – assorbe certe iniziative come una spugna. E l’Istituto, organizzazione internazionale in suolo toscano, sarebbe il focolaio ideale per il salto di specie. Fino a celebrare l’inverno al posto del Natale.
Fonti interne all’ateneo spiegano a “La Ragione” che la vicenda ha assunto contorni spropositati e inattesi. Il cambio di nome non riguarderebbe infatti i rapporti esterni, ma l’organizzazione di un evento ristretto alla comunità Eui. Effettivamente nel corso di una riunione operativa dedicata a catering, addobbi e altro, ci si era chiesti se il termine “Natale” fosse in linea con le nuove direttive interne sull’uguaglianza etnica e razziale. Il presidente Renaud Dehousse e Lauren Kassell, prorettrice della divisione “Uguaglianza, diversità e inclusione”, hanno ritenuto la faccenda meritevole di attenzione. Ad oggi però – questo va sottolineato – non è stata presa alcuna decisione definitiva. E dunque c’è stato grande rammarico, fanno sapere da Fiesole, quando perfino il vice presidente del Consiglio Tajani e il sindaco Nardella (profili da sempre vicini all’Istituto) hanno preso dure posizioni a mezzo stampa o social anziché ricorrere a una telefonata amichevole.
Insomma, attorno a Eui si è venuto a creare un clima pesante e inaccettabile: insulti, minacce, e-mail minatorie. In questi giorni Dehousse e Kassell si sono riuniti per definire i passi da intraprendere sul piano operativo. «Non vogliamo diventare woke» assicurano gli addetti ai lavori. Ma allo stesso tempo ritengono che valga la pena dibattere sul potenziale discriminatorio del Natale fra costumi e religione. La ratio è che Eui, per quanto riconoscente all’Italia, nasce da un trattato comunitario stipulato da 23 Stati membri. Aspira a una costante commistione internazionale, accoglie sensibilità extraeuropee e perciò segue altri tipi di considerazioni. Che per noi vanno dal «bizzarro» al «grottesco» – così parlarono Pd e Lega – ma che altrove hanno un certo peso. In teoria la logica non fa una piega. In pratica, per fugare ogni buonismo di facciata, chiediamo a Eui il programma della benedetta festicciola in questione: «Ci saranno mercatini, canti di Natale, Babbo Natale stesso». Ecco. Mica il Grinch di Francesco GottardiLa Ragione è anche su WhatsApp. Entra nel nostro canale per non perderti nulla!
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