Il Papa, i cani e noi
| Società
In tanti si sono scagliati contro il Papa e le sue parole sui cani, o meglio sui loro padroni che li equiparano quasi a figli

Il Papa, i cani e noi
In tanti si sono scagliati contro il Papa e le sue parole sui cani, o meglio sui loro padroni che li equiparano quasi a figli
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Il Papa, i cani e noi
In tanti si sono scagliati contro il Papa e le sue parole sui cani, o meglio sui loro padroni che li equiparano quasi a figli
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Fra ieri pomeriggio e questa mattina fior di firme, straordinari polemisti, maître à penser si sono scagliati contro papa Francesco e le sue parole – oggettivamente dure – sui cani, per meglio dire sui loro padroni quando li equiparano quasi a dei figli.
Mi autodenuncio: non ho animali domestici e non ne ho mai avuti, quindi non ho potuto sviluppare quel meraviglioso rapporto che ho visto in tanti amici, ma ho sempre subito il grandissimo fascino – per esempio – del mondo dei gatti. Per i quali esprimerei una preferenza, insomma, nell’eterna dicotomia cane-gatto.
Non sono un appassionato della materia, ma sono cresciuto anche con i racconti del mitico cane Argo e degli animali protagonisti della letteratura senza tempo per ragazzi. Lontano da estremismi da detestare sempre e comunque, credo si possa avere un po’ più di considerazione per le parole di Francesco. Non in quanto Papa, ma per la sostanza del suo pensiero, senza cercare a tutti i costi teorie antipatizzanti nei confronti di cani o gatti. Per chi scrive, il papa non ha sempre ragione, ma banalizzare così il suo intervento significa far finta di non vedere una deriva che merita una seria riflessione.
Senza “amici a quattro zampe“ non potremmo vivere, dalla notte dei tempi l’uomo non ha mai considerato neppure per un istante di poterne fare a meno (come testimoniato anche dai riferimenti letterari che ci siamo permessi di richiamare).
Altro è la deriva che porta a umanizzare in particolar modo i cani, approfittando della loro superiore intelligenza e tratti caratteriali ben distinti rispetto ad altri animali. Questo non ci autorizza, modesta opinione, a portarli in giro in passeggino, vestirli o accudirli come fossero cuccioli d’uomo. Liberissimi di farlo, si intende, liberissimi noi di porci degli interrogativi sulla scala di valori di chi ecceda in questo processo. Tutto qui.
Nessuno sano di mente può pensare che non si facciano più figli perché vogliamo troppo bene a cani e gatti, suvvia. Questo andazzo di antropizzazione è a valle del gelo demografico in cui siamo immersi, non a monte. Però, come ha ricordato con la consueta spontaneità Francesco, costituisce anche un allarme su quanto ci stiamo abituando all’idea di poter rinunciare ai bambini. Per le più diverse circostanze della vita, per sfortuna, per scelta, perché il tempo è passato troppo in fretta e per mille altre ragioni che nulla hanno a che vedere con i cani.
Resta che questi ultimi non meritano di essere trattati in un modo che distorce e talvolta umilia la loro stessa natura, solo per soddisfare il bipede di turno. Almeno questo ci sia consentito notarlo.
di Fulvio Giuliani
Leggi una diversa opinione sull’argomento nell’articolo “Papa Francesco tra natalità e animali“
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