Si è chiusa la terza edizione degli Stati generali della natalità che ha visto, fra gli altri, la partecipazione della presidente del Consiglio Giorgia Meloni e di papa Francesco. Nei primi minuti del suo intervento il pontefice ha espresso preoccupazione per una tendenza ormai dilagante: quella di equiparare i figli agli animali. Ha raccontato che di recente gli è capitato di imbattersi in cagnolini portati in giro nel passeggino (una pratica persino un po’ crudele). Così una signora, aprendo la borsetta: «Sua Santità, benedice il mio bambino?». «Al che mi sono un po’ arrabbiato» ha ammesso. «Non è un bambino!».
Questo confronto fra animali e bambini appare stonato e poco utile alla causa. Anche perché fare un figlio non impedisce di avere un animale. Il problema è diverso, eppure lo scontro fra i due generi – animale e umano – è sempre in voga. Vale la pena riflettere sulla ‘scusa’ avanzata da molte coppie che per non proliferare sostengono che non ci siano i soldi. Può essere vero, ma è utile ricordare i dati che segnalano una spesa per animali domestici tripla rispetto a quella per la prima infanzia. Questo perché in Italia ci sono 65 milioni di animali domestici, quindi più di uno per ciascun abitante.
Fare un figlio resta una scelta individuale. Quella che abbiamo davanti è la sfida antropologica del millennio. Se persa, tutti ne pagheremo le conseguenze. Con o senza i nostri meravigliosi amici quadrupedi.
di Ilaria Cuzzolin
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