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Paula Cooper, la ragazzina che commosse il mondo

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La storia di Paula Cooper continua a interrogare le nostre coscienze. Cosa significa davvero la parola “giustizia”, quanto vale una seconda possibilità e quanto è difficile a volte vivere dopo averla ottenuta?

Paula Cooper

Paula Cooper, la ragazzina che commosse il mondo

La storia di Paula Cooper continua a interrogare le nostre coscienze. Cosa significa davvero la parola “giustizia”, quanto vale una seconda possibilità e quanto è difficile a volte vivere dopo averla ottenuta?

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Paula Cooper, la ragazzina che commosse il mondo

La storia di Paula Cooper continua a interrogare le nostre coscienze. Cosa significa davvero la parola “giustizia”, quanto vale una seconda possibilità e quanto è difficile a volte vivere dopo averla ottenuta?

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Gary, nell’Indiana, è un piccolo centro della provincia americana. Fino al 1985 era noto ai più solo per aver dato i natali a Michael Jackson. Ma proprio l’11 luglio di quell’anno accade un fatto che porta la cittadina statunitense alla ribalta della cronaca. Nera, in questo caso. Perché quel tranquillo contesto viene scosso da un delitto che sconvolge non soltanto la comunità locale ma gli interi Stati Uniti.

La vittima è la 78enne insegnante di catechismo Ruth Pelke. Accoltellata in casa da tre ragazze adolescenti sotto l’effetto di alcol e droghe nel corso di un tentativo di rapina. A sferrare i colpi mortali sul corpo della catechista è colei che viene ritenuta il capo di questa gang assassina. Si tratta di una ragazzina di appena 15 anni di nome Paula Cooper, che ha alle spalle una storia di povertà e abusi sessuali. La prendono, la processano e la condannano a morte.

Ma qui entra in scena l’altro protagonista di questa storia. Si tratta di Bill Pelke, nipote della vittima ed ex sostenitore della pena capitale, divenuto poi fervente abolizionista dopo una conversione spirituale. L’uomo decide di incontrare in carcere l’assassina di sua nonna per conoscerla e comprendere le radici di quel gesto. Colpito dalla giovane età e dalla storia personale di Paula, Bill la perdona pubblicamente. E addirittura si fa promotore di una campagna per salvarle la vita. Una vita troppo giovane per finire fra le braccia di “Old Sparky”, come viene comunemente definita la sedia elettrica.

In poco tempo il caso Cooper diviene un simbolo globale contro la pena di morte. In Italia diverse associazioni – fra queste l’Agesci, la Comunità di Sant’Egidio, Amnesty International – e il Partito radicale si mobilitano per chiedere clemenza. Interviene persino papa Giovanni Paolo II, rivolgendosi direttamente al governatore dell’Indiana e alle Nazioni Unite. Una battaglia che porta i suoi frutti. Nel 1988 la Corte suprema degli Usa stabilisce l’incostituzionalità della pena capitale per i minori di 16 anni al momento del reato. Aprendo così la strada alla commutazione della condanna di Paula: prima l’ergastolo, poi una pena ridotta a 60 anni.

Nel 2013, dopo 26 anni di prigione, Paula viene rilasciata in libertà vigilata e sembra pronta a cominciare la sua seconda vita. Ma non sarà così. Perché il 27 maggio 2015 il corpo di Paula Cooper viene rinvenuto a Indianapolis. Dove ha posto fine ai suoi giorni sparandosi un colpo di pistola. Nonostante fosse sfuggita a una condanna a morte, divenendo un simbolo delle battaglie contro l’utilità della pena capitale, non era mai riuscita a liberarsi definitivamente della sua storia personale. La vicenda contribuì a sollevare un dibattito su questioni ancora oggi attuali. L’efficacia delle pene severe nella prevenzione del crimine, il rischio di disumanizzazione e la difficoltà di costruire giustizia su basi di vendetta.

La mobilitazione internazionale che salvò Paula resta un esempio di quanto la compassione possa trasformare una sentenza. Ma anche il destino delle persone coinvolte. Tuttavia, come mostra il tragico finale della sua vita, non sempre il perdono della società e della legge bastano a guarire le ferite dell’anima. Quella di Paula Cooper è una storia che continua a interrogare le nostre coscienze: su che cosa significhi davvero la parola “giustizia”, su quanto valga una seconda possibilità, su come sia difficile a volte vivere dopo averla ottenuta.

Di Stefano Faina e Silvio Napolitano

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