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Per gli internati dei manicomi

Dopo il malore che lo colpì nel 1984, Domenico Modugno si impegnò nelle lotte civili a favore dei malati, dei detenuti e degli emarginati.
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Per gli internati dei manicomi

Dopo il malore che lo colpì nel 1984, Domenico Modugno si impegnò nelle lotte civili a favore dei malati, dei detenuti e degli emarginati.
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Per gli internati dei manicomi

Dopo il malore che lo colpì nel 1984, Domenico Modugno si impegnò nelle lotte civili a favore dei malati, dei detenuti e degli emarginati.
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Dopo il malore che lo colpì nel 1984, Domenico Modugno si impegnò nelle lotte civili a favore dei malati, dei detenuti e degli emarginati.
Impegnato per le reti Fininvest nella conduzione della trasmissione “La luna nel pozzo”, la sera del 12 giugno 1984 il cantante e attore pugliese Domenico Modugno, che aveva fatto cantare e sognare milioni di italiani con la canzone “Volare”, veniva colpito da un grave malore che nel giro di poche ore lo avrebbe costretto a una parziale immobilità. Lottando contro la depressione e senza arrendersi alla malattia, Modugno si recava spesso nella sua villa di fronte al mare azzurro di Lampedusa per recuperare la forma e le forze perdute. Qui la morte lo coglierà il 6 agosto del 1994. Alla fine degli anni Ottanta Modugno decise di occuparsi di politica e di impegnarsi a favore dei malati, dei detenuti e degli emarginati. Entrato nelle file del Partito radicale ed eletto deputato, nel 1989 condusse una battaglia per denunciare la disumana condizione dei circa 350 degenti dell’ospedale psichiatrico di Agrigento. In favore dei malati di quella struttura il cantante poi organizzerà nel palasport Nicosia della città dei Templi il “Concerto per non dimenticare”. A un giornalista che gli domandava che cosa lo avesse spinto a denunciare quella realtà, Modugno rispondeva: «Principalmente la constatazione di quale tipo di vita conducessero i disgraziati che vi erano ricoverati. Allo zoo di Roma gli animali mangiano ogni giorno e stanno in gabbia, è vero. L’ambiente è però pulito e quando ce n’è bisogno, visto che si tratta di animali abituati a vivere in altri ambienti, esiste un sistema di riscaldamento per evitare malattie a esseri di salute delicata. All’ospedale psichiatrico di Agrigento tutto questo non c’era: i pazienti erano privi o quasi di vestiti, oppure indossavano abiti di taglie sbagliate e troppo piccole per loro che, oltre a non coprirli, gli toglievano qualsiasi parvenza di dignità umana, certamente con enormi conseguenze anche sul loro umore emotivo e sul decorso della cura». Negli ultimi anni della sua vita Modugno ritornava nella Sicilia di cui un tempo si era dichiarato illegittimamente figlio. Confermava il suo attaccamento a uno spazio storico-geografico che lo aveva ispirato per produrre nel dialetto del paesino pugliese di San Pietro Vernotico singolari canzoni “siciliane” (“Cavaddu cecu de la minera”, “Grillu ‘nnammuratu”, “Lu minaturi”, “Lu sciccareddu ‘mbriacu”, “Lu salinaru”, “Ninna nanna”, “Lu pisce spada”) che raccontavano l’amore dell’artista per la natura popolata di animali parlanti a cui si contrapponevano uomini spesso sciocchi e superstiziosi, e poi l’antica fatica dell’uomo che si muoveva in un “mondo perduto”, in quegli anni visualizzato nelle immagini del cinema documentario e antropologico di Vittorio De Seta. Di Lorenzo Catania

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