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Perché donne e Stem non vanno d’accordo

Nonostante la presenza di borse di studio dedicate all’universo femminile e testimonial di successo come Samantha Cristoforetti, le donne continuano a snobbare le facoltà Stem. E se ci fosse un fondamento di verità negli stereotipi di genere? 
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Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), approvato il 13 luglio 2021, aveva messo in campo un pacchetto di investimenti e riforme che mirava a rilanciare la produttività e la crescita del Paese, anche attraverso una maggior digitalizzazione e sostenibilità. 

Obiettivi ambiziosi quanto necessari, che però devono tener conto di un aspetto tutt’altro che marginale: per attuare il trasferimento tecnologico aziendale serve organico, quindi, nuove figure come laureati per lo più provenienti dal settore Stem, nel quale il mismatch sembrerebbe essere più grave. 

Lo scorso anno le imprese hanno aumentato la richiesta di assunzioni e lamentato enormi difficoltà nel reclutare 240.000 laureati – di cui la maggior parte con una formazione Stem – per una “scarsità” del numero delle figure disponibili sul mercato. 

Secondo i dati Istat il totale laureati in Italia nei percorsi formativi di tipo scientifico-tecnologico nell’anno accademico 2021 è stato del 24,6%: le donne solo il 18,9% sul totale, gli uomini il 39,2%. Concentrando il focus sulla percentuale di donne laureate nell’ambito Stem, il dato fa accendere un campanello di allarme e preoccupazione. Un contributo consistente nella scelta di formazione scolastica del gentil sesso lo dobbiamo senza dubbio a un fattore culturale, spinto dai media sulla base di un’immagine stereotipata troppo al femminile.

Eppure le esperienze passate insegnano sempre qualcosa. Infatti, se paragoniamo le scuole superiori o le Università di 20 anni fa ad oggi, possiamo notare come negli indirizzi linguistici ci sia stato un incremento esponenziale degli iscritti di genere maschile. Le classi dei licei linguistici e dei corsi universitari sono occupate al 50% dai maschi e femmine.

Qualcuno dice che sarà solo questione di tempo. Negli ultimi anni la modalità e la forma di comunicazione rivolta alle giovani donne sono cambiate anche se, analizzando i dati, possiamo dire che i risultati non ci sono ancora stati. L’anno scorso per colmare il gap di genere riguardante i corsi STEM, sono nate borse di studio e bonus, erogate a beneficio solo delle studentesse intenzionate a immatricolarsi in corsi da sempre percepiti come maschili. 

Dai principali studi di settore emerge con chiarezza un divario negli apprendimenti in matematica a favore dei ragazzi rispetto alle ragazze. Esistono però dei fattori che determinano il minore interesse delle ragazze nelle cosiddette materie STEM, e si identificano in aspetti geografici, sociali, culturali ed economici. La strada verso la parità di genere nelle materie scientifiche tecnologiche appare ancora tutta in salita e irta di ostacoli. Eppure qualche barlume di speranza c’è. 

Verso la riduzione del gap di genere vediamo impegnata anche le testimonial di successo Samantha Cristoforetti, l’astronauta che si sta preparando a salire tra le stelle a bordo della Stazione Spaziale Internazionale (ISS). Una missione che la vede impegnata dopo essere stata sollevata da comandante della spedizione 68 per motivi che riguardano da vicino purtroppo la guerra in Ucraina. Il suo contributo in qualità di donna di successo ha fatto ben sperare nelle iscrizioni in campo scientifico tecnologico, ma i risultati dedotti ad oggi non sono confortanti.

Arrivati a questo punto forse dovremmo prendere in considerazione un aspetto che si tende a non considerare: è se ci fosse un fondamento di verità negli stereotipi di genere? Ogni donna ha un interesse per la propria propensione, una tendenza che accomuna il sesso femminile nel preferire interessi diversi dal genere opposto. La scienza asserisce che maschi e femmine non siano geneticamente uguali. Possiamo insistere e forzare gli interessi con borse di studio rivolte alle sole donne o sostenere la “battaglia” con le testimonial, ma le differenze restano. E probabilmente non sono nemmeno così deleterie come ce le vogliono far vedere, perché spesso è proprio dal confronto di  idee e percezioni differenti che nascono le cose migliori. Nel mondo politically correct, lo chiamano brainstorming. È inutile che ci intestardiamo a far piacere alle ragazze una disciplina Stem, se alla fine dei conti a queste non interessa.

 

di Marco Mauri

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