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cinghiali caccia attività venatoria peste suina

Perché la caccia non è il male assoluto ma persino necessaria

Molti lo ignorano ma l’attività venatoria è indispensabile per mantenere la biodiversità nei parchi naturalistici. La minaccia più grande è rappresentata dai cinghiali che si riproducono senza freni. In Spagna sta per arrivare un nuovo protocollo contraccettivo che potrebbe cambiare le cose

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Perché la caccia non è il male assoluto ma persino necessaria

Molti lo ignorano ma l’attività venatoria è indispensabile per mantenere la biodiversità nei parchi naturalistici. La minaccia più grande è rappresentata dai cinghiali che si riproducono senza freni. In Spagna sta per arrivare un nuovo protocollo contraccettivo che potrebbe cambiare le cose

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Perché la caccia non è il male assoluto ma persino necessaria

Molti lo ignorano ma l’attività venatoria è indispensabile per mantenere la biodiversità nei parchi naturalistici. La minaccia più grande è rappresentata dai cinghiali che si riproducono senza freni. In Spagna sta per arrivare un nuovo protocollo contraccettivo che potrebbe cambiare le cose

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Molti lo ignorano ma l’attività venatoria è indispensabile per mantenere la biodiversità nei parchi naturalistici. La minaccia più grande è rappresentata dai cinghiali che si riproducono senza freni. In Spagna sta per arrivare un nuovo protocollo contraccettivo che potrebbe cambiare le cose

Basterebbe aprire un libro di cucina di qualche decennio addietro per rendersi conto di come sia cambiato il nostro modo di mangiare. Sfogliandolo si troverebbero delle ricette a base di fagiano oppure di cervo e cinghiale, eventualità oggi assai remote. 

Questo tipo di carni sono praticamente sparite dalla tavola perché risultano introvabili. “Va detto come negli ultimi anni alcuni chef stellati abbiano voluto puntare su piatti a base di cinghiale, soprattutto da quando questo animale è diventato un problema non più contenibile in termini numerici. Si tratta però di una nicchia – spiegano da Fondazione UNA, acronimo di Uomo, Natura e Ambiente, realtà tesa a far dialogare fra loro il mondo venatorio, ambientalista, agricolo e scientifico – All’estero la carne di selvaggina è molto apprezzata: nei paesi scandinavi occupa addirittura il 10% dei consumi annui. Noi invece abbiamo perso questo tipo di cultura, non perché queste varianti siano meno buone ma perché manca una filiera dedicata”. 

L’unica eccezione si trova in Lombardia dove Fondazione UNA ha avviato una campagna frutto di un test durato tre anni dal nome “Selvatici e Buoni” che da febbraio 2022 porta nella grande distribuzione tagli di carne a misura di famiglia cacciati nelle aree di competenza limitrofe. Una scelta sostenibile di un tipo di carne che, a differenza di quanto avvenga negli allevamenti intensivi, non ha mai subito trattamenti farmacologici. 

“Avere dei centri di lavorazione in prossimità dei parchi come quello avviato in provincia di Brescia permette di controllare l’animale a poche ore dall’abbattimento. Ciò vuol dire anche  poter contare su veterinari dell’ASL e una catena del freddo veramente efficace” continuano dalla Fondazione. Il presentimento è che oggi molti ristoratori che offrono selvaggina nei propri menù siano costretti a rifornirsi direttamente dai cacciatori, con evidenti minori tutele per il consumatore.  

“Sarebbe anche nell’interesse degli Enti territoriali avviare una filiera ad hoc con centri di lavorazione dedicati dato che le Regioni ogni anno indennizzano agricoltori e allevatori con somme ingenti per sopperire ai danni provocati dagli animali selvatici, in particolar modo i cinghiali. Per i parchi naturali si tratta della voce più alta di spesa a bilancio” commentano da Federparchi.

Interessante l’esempio della Spagna, dove i parchi lavorano con le Societas de Caçadores (l’associazione dei cacciatori) per gestire la fauna selvatica e collaborano a stretto contatto con le università per trovare nuove soluzioni, tra cui un protocollo contraccettivo per i cinghiali: un’iniezione in grado di castrare esemplari maschi e femmine e per cui si attende solo l’ok dell’EMA (una volta approvato in Spagna – il primo stato ad averne fatto richiesta – potranno utilizzarlo anche tutti gli altri paesi europei).  Un progetto presentato ai giornalisti italiani durante l’iniziativa “Biodiversità in volo”, una campagna di Fondazione UNA e Federparchi nata per stimolare l’attenzione verso i migliori esempi di gestione del patrimonio faunistico nei parchi, presso il Parc de Sant Llorenç del Munt i l’Obac a Barcellona.

Molti lo ignorano (soprattutto i vegani) ma il controllo della fauna è un bisogno strettamente legato anche alla produzione agricola che subirebbe un colpo durissimo se mandrie sconfinate di cinghiali fossero lasciate libere di operare e riprodursi. Non solo: la caccia è uno degli strumenti cardine per la gestione degli equilibri faunistici all’interno delle aree protette e per garantire la biodiversità al loro interno.

Molti cinghiali sono già stati abbattuti nel 2021 in occasione della peste suina che li ha contagiati tra Piemonte e Liguria e che ha richiesto anche l’intervento dell’esercito. Fortunatamente la nuova normativa in vigore da poco più di un mese stabilisce ora la possibilità di mangiare gli esemplari che risultano negativi al virus (che non si trasmette all’uomo) quando invece, fino a poco fa,  venivano bruciati tutti, sani e malati. Un vero spreco insomma. 

In un paese dove i cinghiali sono così tanti da invadere i centri cittadini, sapere che la stragrande maggioranza di prodotti presenti sugli scaffali come il ragù di cinghiale provenga dall’estero dovrebbe spingere a porsi qualche domanda in più e a darsi delle risposte, possibilmente di buonsenso. 

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