Perché Liliana Segre ha parlato così
Le sue parole come “Mai contenta”, “So cosa pensano in tanti, che noia questi ebrei!”
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Perché Liliana Segre ha parlato così
Le sue parole come “Mai contenta”, “So cosa pensano in tanti, che noia questi ebrei!”
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Perché Liliana Segre ha parlato così
Le sue parole come “Mai contenta”, “So cosa pensano in tanti, che noia questi ebrei!”
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Le sue parole come “Mai contenta”, “So cosa pensano in tanti, che noia questi ebrei!”
Colpisce, fa riflettere ed è ancora una volta prezioso l’intervento di ieri della senatrice a vita Liliana Segre, a pochi giorni dal Giorno della Memoria, venerdì prossimo 27 gennaio. La sopravvissuta ai campi di sterminio nazisti, oltre che dirsi “mai contenta“ (come scritto già ieri pomeriggio su La Ragione da Ilaria Cuzzolin) di quanto fatto, dei risultati della sua incessante e commovente opera di sensibilizzazione e ricordo, ha lanciato un severo monito: “So – ha detto – cosa pensano in tanti, che noia questi ebrei“.
Un pensiero all’apparenza assurdo, insostenibile proprio a pochi giorni dalla data consacrata al perenne ricordo di “questo è stato”, come ebbe a scrivere con ineguagliata potenza Primo Levi. È doveroso riflettere sul perché una donna che non ha mai arretrato di un passo – dal giorno in cui ha deciso di trasformare la sua stessa esistenza in un monumento alla memoria e in uno stimolo senza fine allo studio, all’approfondimento e alla presa di coscienza – possa arrivare a una conclusione così amara.
Liliana Segre ha anche aggiunto che “presto l’intera vicenda storica dell’Olocausto potrà essere ridotta a qualche riga sui libri di scuola“. Ancora una volta, la senatrice a vita ha colto l’essenza del problema, che oggi non è il ritorno degli orrendi fantasmi nelle forme che abbiamo sperimentato nel XX secolo, ma l’indifferenza. L’assuefazione a un ricordo di routine, a un dolore di prammatica, spogliato di quel ragionamento su come sia stato possibile, come si possa essere arrivati a certe vette di abiezione, senza il quale il Giorno della Memoria, il ricordo stesso dell’Olocausto rischiano di diventare – incredibile a scriversi – un’abitudine ripetitiva.
Ascoltiamo e cogliamo il senso dell’allarme di uno degli ultimi testimoni viventi di una tragedia così immensa da apparire “incredibile”, il terrore che proprio Primo Levi provò e tradusse in pagine memorabili.
La Shoah non fu un errore della storia, ma una scelta voluta, pianificata e pienamente consapevole di una leadership ossessionata da una volontà di potenza e sopraffazione portata ai limiti della percezione umana. È proprio “grazie“ all’abietta volontà di motivare un genocidio con le più turpi motivazioni politiche, di non accontentarsi di massacrare intere generazioni di donne, bambini, uomini e anziani, ma di pretendere di farlo con motivazioni “filosofiche“ e “giuridiche“ che ha fatto arrivare sino a noi dell’Olocausto una cronaca precisa sino ai più minuti dettagli. Un abisso che conosciamo e dobbiamo studiare fino all’ultimo grido di dolore.
Per paradosso, questa immensa mole di prove, dati e immagini diviene un peso difficile da gestire dal cuore e dal cervello delle donne e degli uomini di oggi e l’indifferenza un rischio concreto, come arma di difesa davanti all’inconcepibile.
Nostro preciso dovere di essere umani è rifiutarla e combatterla.
di Fulvio Giuliani
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