Personaggi di un weekend da ricordare
Michela Murgia, il principe Harry, Victor Osimhen: un weekend di personaggi destinati a lasciare il segno
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Michela Murgia, il principe Harry, Victor Osimhen: un weekend di personaggi destinati a lasciare il segno
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Michela Murgia, il principe Harry, Victor Osimhen: un weekend di personaggi destinati a lasciare il segno
È stato un weekend di personaggi forti, di caratteri destinati a lasciare un segno. Abbiamo scritto ieri di Michela Murgia, che con la sua intervista ha dato vita non solo a un’ondata di solidarietà umana, ma soprattutto a una riflessione pubblica sul valore dell’amicizia, dell’empatia, del dolore e della mano tesa anche fra acerrimi rivali.
È stato il fine settimana di altri protagonisti, capaci di catalizzare attenzioni ed emozioni.
L’eroe in qualche misura tragico di questi giorni, lo sconfitto consapevole, è apparso Harry d’Inghilterra. Presente eppure assente all’incoronazione del padre re Carlo III, un fantasma decisamente ingombrante per essere relegato in soffitta – troppo visibile per essere ignorato – ma infine lasciato a macerarsi da solo. Convincendolo ancor più, siamo pronti a scommettere, di aver fatto bene a mollare tutto e tutti e fuggire con moglie (assente) e figli dall’altra parte dell’oceano. I suoi errori, anche di comunicazione, sono ormai palesi. Il ruolo della consorte autorizza da tempo più di un interrogativo sulla costruzione dell’intera narrazione della “fuga“, ma osservando l’algida sicurezza della coppia “vincente“ di questa sfida – il futuro re William e la perfetta e noiosa moglie Kate – non possiamo negare un moto di umana solidarietà per “spare”, il minore.
Molto più a sud d’Europa, mentre Harry già planava di ritorno negli Stati Uniti ormai irrimediabilmente lontano dal trono e dagli affetti familiari, un ragazzo cresciuto nel nulla degli slum di Lagos, Nigeria, si prendeva lo scettro di re di Napoli: Victor Osimhen. È lui un altro grande personaggio di questo weekend da ricordare, non tanto per l’ennesimo goal valso i tre punti della partita-celebrazione contro la Fiorentina, ma per l’omaggio di un’intera città e di un intero popolo. Immagine abusata, questa, ma non priva di fondamento. Nelle vesti di capopopolo ci si è calato con naturalezza stupefacente, conducendo i festeggiamenti e senza negarsi neppure una stilla della frenesia da scudetto.
È già cominciata l’analisi di ogni suo sospiro e muscolo facciale, nel tentativo di comprendere se continuerà a giocare nel Napoli. Naturale e inevitabile, ma restiamo molto più affascinati dalla parabola di un ragazzo oggi ventiquattrenne, che solo pochi anni fa andava a cercarsi le scarpette da calcio in discarica. Una destra e una sinistra da qualche parte, vivendo di piccoli espedienti ai margini di una megalopoli stretta fra miserie inenarrabili e ricconi (pochi) senza limiti. Oggi che ricco è lui – oltre che famoso e venerato – la sua parabola è un grandissimo esempio di abnegazione e fame di gioia.
Vive come gioca, Victor: di corsa, rincorrendo i giorni e tutto quello che sembrava impossibile anche solo sognare. Cerchiamo di non banalizzarlo nel solito balletto milionario.
di Fulvio Giuliani
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