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Pillola dei cinque giorni dopo, l’ipocrisia della sua liberalizzazione

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Liberalizzare un contraccettivo di emergenza non risolve la voragine legislativa del libero accesso all’assistenza medica da parte degli adolescenti, né la mancata educazione sessuale nelle famiglie e nelle scuole.

Pillola dei cinque giorni dopo, l’ipocrisia della sua liberalizzazione

Liberalizzare un contraccettivo di emergenza non risolve la voragine legislativa del libero accesso all’assistenza medica da parte degli adolescenti, né la mancata educazione sessuale nelle famiglie e nelle scuole.
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Pillola dei cinque giorni dopo, l’ipocrisia della sua liberalizzazione

Liberalizzare un contraccettivo di emergenza non risolve la voragine legislativa del libero accesso all’assistenza medica da parte degli adolescenti, né la mancata educazione sessuale nelle famiglie e nelle scuole.
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Da qualche giorno la contraccezione d’emergenza – la cosiddetta “pillola dei cinque giorni dopo” – è acquistabile in farmacia senza ricetta anche dalle minorenni. Il Consiglio di Stato ha confermato la sentenza del Tar del Lazio di giugno 2021 e respinto i ricorsi di alcune associazioni “pro-vita”. La sentenza conferma le indicazioni dell’Agenzia italiana del farmaco, per la quale l’ulipristal acetato (il principio attivo presente nella “pillola dei cinque giorni dopo”) è sicuro al punto da essere venduto come farmaco da banco. Inibendo i recettori del progesterone, la pillola non agisce sull’ovulo già fecondato ma solo sull’ovulazione, il che la rende a tutti gli effetti un farmaco contraccettivo e non abortivo. La notizia è stata accolta con approvazione quasi unanime, senza che si siano sollevate sufficienti perplessità sul consentire l’acquisto – anche ripetuto e non controllato – di un simile farmaco a una minorenne. A partire dal fatto che, secondo la determina, la dispensazione della pillola deve essere corredata dalla raccomandazione del farmacista che si tratta di una misura emergenziale, con l’idea che questo possa bastare a scoraggiare un’ipotetica tredicenne dal farne un uso improprio. L’acquisto di un farmaco da banco non prevede controlli ulteriori da parte di chi lo dispensa e, di fatto, la nostra tredicenne potrebbe andare in dieci farmacie o parafarmacie diverse e acquistare più confezioni senza che nessuno ne venga a conoscenza e senza che la raccomandazione del farmacista abbia sortito alcun effetto. Se si vuole evitarlo dovrebbe almeno essere obbligatorio il tracciamento, riservato esclusivamente a questo fine, con tessera sanitaria. In un Paese in cui un minore di diciotto anni non può accedere ad alcun trattamento sanitario senza l’autorizzazione di un genitore, la contraccezione d’emergenza da banco è un ossimoro utile solo ad aggirare il problema. Se pensiamo poi che la pillola anticoncezionale vera e propria necessita ancora di ricetta medica – indipendentemente dal raggiungimento o meno della maggiore età – ci rendiamo conto di quanto questa decisione appaia incongrua e contraddittoria. La nostra tredicenne potrebbe trovare molto più semplice l’utilizzo della “pillola dei cinque giorni dopo” piuttosto che confrontarsi con un medico e farsi prescrivere un anticoncezionale vero e proprio o piuttosto che imporre a un ipotetico ragazzo l’utilizzo del preservativo. E se quella ragazzina dovesse anche soffrire di bulimia – e quindi non utilizzare la pillola canonica perché il vomito ne impedirebbe l’assorbimento, rendendola di fatto inefficace – c’è da scommettere che questo potrebbe diventare il suo contraccettivo d’elezione, in barba a tutte le determine di questo mondo. Pensare che la liberalizzazione di un contraccettivo d’emergenza possa tappare la voragine legislativa del libero accesso all’assistenza medica da parte degli adolescenti così come quella sociale della mancata educazione sessuale in famiglia e nelle scuole è a dir poco ingenuo. Meglio, è decisamente ipocrita. di Maruska Albertazzi

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