Ragazzi Neet, un fallimento italiano
| Società
Un milione e seicentomila: è la cifra cui sono arrivati i giovani neet, ragazze e ragazzi fra 15 e 29 anni che in Italia non studiano e non lavorano. Bisogna partire dalla scuola

Ragazzi Neet, un fallimento italiano
Un milione e seicentomila: è la cifra cui sono arrivati i giovani neet, ragazze e ragazzi fra 15 e 29 anni che in Italia non studiano e non lavorano. Bisogna partire dalla scuola
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Ragazzi Neet, un fallimento italiano
Un milione e seicentomila: è la cifra cui sono arrivati i giovani neet, ragazze e ragazzi fra 15 e 29 anni che in Italia non studiano e non lavorano. Bisogna partire dalla scuola
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AUTORE: Fulvio Giuliani
Un milione e seicentomila. È l’astronomica cifra cui sono arrivati i giovani “neet”, le ragazze e i ragazzi fra 15 e 29 anni che in Italia non studiano e non lavorano. Not in Education, Employment or Trading dall’acronimo in esteso: quelli che non fanno nulla, per farla breve.
Siamo i peggiori dell’intera Unione europea, se si esclude la sola Romania. In termini percentuali, siamo al 15,9.
Sin qui i numeri, che in un caso come questo sono tutt’altro che freddi e restituiscono un’immagine sconfortante del nostro Paese dal punto di vista dei ragazzi. Che non sia possibile spiegare un fenomeno del genere con una sola causa è solare, come resta altamente sconsigliato procedere per semplificazioni. Se c’è, però, un punto su cui sembra difficile nutrire dubbi è la figura assolutamente grama che finisce per fare la scuola. Senza mai dimenticare le famiglie e il ruolo di ciascuno, resta la scuola l’ambiente chiamato a svolgere una funzione decisiva negli anni della formazione.
In questo caso, non stiamo neppure parlando di qualità dell’insegnamento, ma di qualcosa di più profondo e grave: se un così alto numero di giovani accetta supinamente lo scorrere del tempo, senza letteralmente far nulla, non deve essere stata instillata loro neppure la più piccola scintilla della curiosità, dell’intraprendenza e del sacrificio. Della bellezza dei sogni, senza i quali la vita rischia di ingrigire a qualsiasi età, ma che da adolescenti e giovani è anche solo difficile da immaginare.
Eppure le cifre sono lì a ricordare un clamoroso fallimento educativo, prima ancora che formativo. Sono anni che ne parliamo, ripetiamo sempre gli stessi concetti e non sembra cambiare mai nulla. Le generazioni finiscono per rimpallarsi colpe e responsabilità, ma è solo un girotondo inutile, buono a tacitarsi la coscienza.
La realtà dei ragazzi che non fanno niente, aggravata dal contesto dei pochissimi nati e del progressivo invecchiamento della popolazione, è uno schiaffo al nostro futuro e uno spreco intollerabile. Aggravato dalla sensazione che sia un po’ per tutti facilissimo assolversi, quando l’urgenza non sarebbe puntare il dito, ma darsi una mossa.
Ripetiamo, siamo convinti si debba partire dalla scuola e che lì debba nascere una narrazione diversa della vita. Poi, le scelte restano naturalmente individuali come le responsabilità, ma vanno forniti strumenti diversi e adatti ai tempi.
di Fulvio Giuliani
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