Salvatore Todaro, un esempio di umanità
Salvatore Todaro, negli ultimi ottant’anni, è stato apostrofato in diversi modi, ma con un’unica certezza: la straordinarietà della sua storia
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Salvatore Todaro, un esempio di umanità
Salvatore Todaro, negli ultimi ottant’anni, è stato apostrofato in diversi modi, ma con un’unica certezza: la straordinarietà della sua storia
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Salvatore Todaro, un esempio di umanità
Salvatore Todaro, negli ultimi ottant’anni, è stato apostrofato in diversi modi, ma con un’unica certezza: la straordinarietà della sua storia
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Salvatore Todaro, negli ultimi ottant’anni, è stato apostrofato in diversi modi, ma con un’unica certezza: la straordinarietà della sua storia
Un eroe del mare, il fascista (in realtà monarchico) che salvava i naufraghi, l’emblema dell’umanità. Negli ultimi ottant’anni Salvatore Todaro è stato apostrofato in diversi modi, ma con un’unica certezza: la straordinarietà della sua storia, che presto diventerà un esempio per tanti grazie alla potenza del cinema. Scelto come film d’apertura in concorso alla 80ª Mostra Internazionale dell’Arte Cinematografica di Venezia e prossimamente nelle sale italiane con 01 Distribution, “Comandante” di Edoardo De Angelis con protagonista Pierfrancesco Favino ripercorre le gloriose gesta del pluridecorato comandante di sommergibili della Regia Marina e rientra fra i titoli più attesi della stagione cinematografica.
All’inizio della Seconda guerra mondiale Todaro comanda il sommergibile “Cappellini”. Attorno alle 4:00 del mattino del 15 ottobre 1940, mentre naviga in Atlantico, si profila la sagoma di un mercantile che viaggia a luci spente, il “Kabalo” della Compagnia Marittima Belga al servizio degli inglesi, partito da Glasgow e diretto a Freetown con un carico bellico. Il piroscafo straniero apre improvvisamente il fuoco contro il sommergibile. Scoppia così una breve ma violenta battaglia, al termine della quale Todaro e i suoi uomini affondano il nemico a colpi di cannone.
Combattere il nemico senza dimenticare mai la sua natura di essere umano: questo il mantra del Comandante, pronto a sconfiggere l’avversario ma anche a prestargli soccorso per salvarne la vita come prescritto dalla legge del mare. Dopo aver affondato il “Kabalo”, conscio dei possibili pericoli, Todaro decide di raccogliere in mare cinque naufraghi e va alla ricerca delle scialuppe, salvando altri ventuno uomini dall’affondamento, compreso il capitano. Dopo aver provato – senza successo – a trainare la piccola barca, il comandante ospita i marinai, ormai ex avversari, all’interno del sommergibile. Dopo due notti e due giorni di navigazione, il “Cappellini” li porta in salvo in un’insenatura dell’isola di S. Maria delle Azzorre.
Come ricordato dall’esperto Cinzio Gibin, gli inglesi lo definiscono «angelo di bontà», mentre i belgi «il cavaliere ricco di umanità». Un salvataggio senza uguali nella storia dei mari, un motivo di vanto in tempi particolarmente bui. «Un soldato non dovrebbe accanirsi contro i nemici, che sono sempre uomini come lui» spiega Todaro agli avversari che non smettono di ringraziarlo. Poi la frase entrata nei libri di storia: «Perché ho preso un tale rischio? Perché noi siamo italiani». La notizia del soccorso al nemico si diffonde rapidamente in tutto il mondo e non mancano le note di biasimo da parte di nazisti e fascisti, c’è persino chi lo definisce il “don Chisciotte dei mari”. Il Comandante però è orgoglioso del suo operato e la sua replica alla reprimenda di un funzionario mussoliniano è lapidaria: «I tedeschi non hanno dietro di loro i nostri 2000 anni di civiltà».
Salvatore Todaro morirà due anni più tardi, all’età di 34 anni, ucciso da un bombardiere inglese mentre riposa a bordo di un piropeschereccio al largo dell’isola tunisina di La Galite. Ma le sue imprese lo hanno reso immortale, simbolo di cavalleria e di umanità in un’epoca dominata dal sangue e dalla brutalità. Un uomo che alle ragioni militari ha fatto prevalere quelle dell’uomo di mare, un pensiero ben riassunto da questo scambio con uno dei naufraghi belgi salvati da morte certa: «Sono, come voi, un uomo di mare. È sufficiente questo perché io faccia per voi e per i vostri compagni ciò che avreste fatto voi per me e per i miei uomini… Non c’è bisogno di dire di più».
di Massimo Balsamo
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