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Scontrino con Mussolini Cerea Verona

Scontrino con il Duce: “Io fascista? Non nascondo i miei ideali”

Al Bar Armando di Cerea, provincia di Verona, lo scontrino è accompagnato dall’immagine di Mussolini. Ma è la risposta della barista il fatto più sorprendente
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Scontrino con il Duce: “Io fascista? Non nascondo i miei ideali”

Al Bar Armando di Cerea, provincia di Verona, lo scontrino è accompagnato dall’immagine di Mussolini. Ma è la risposta della barista il fatto più sorprendente
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Scontrino con il Duce: “Io fascista? Non nascondo i miei ideali”

Al Bar Armando di Cerea, provincia di Verona, lo scontrino è accompagnato dall’immagine di Mussolini. Ma è la risposta della barista il fatto più sorprendente
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Al Bar Armando di Cerea, provincia di Verona, lo scontrino è accompagnato dall’immagine di Mussolini. Ma è la risposta della barista il fatto più sorprendente
Se nel 2023 la storia dello scontrino con il volto di Benito Mussolini ha dell’incredibile, la risposta della proprietaria del Bar Armando di Cerea, provincia di Verona, è quasi più tendente all’assurdo: “Chi mi accusa di essere fascista mi fa solo piacere. Non nascondo i miei ideali, sono orgogliosa di loro”, ha dichiarato la donna, Maristella Finezzo.
E non li nasconde dal 2014 questi “ideali”, anno in cui è stato segnalato per la prima volta dagli abitanti indignati del paese la ricevuta fiscale con l’immagine del Duce soltanto nel mese di ottobre in “omaggio alla Marcia su Roma del 28 ottobre 1922” per poi decidere su uno scontrino nostalgico 12 mesi l’anno. Per un totale di nove anni.
 
Una vicenda che non fa nulla per dissociarsi dai soliti cliché del “si ma ha fatto anche cose buone”: la donna ha infatti ammesso al Giornale di Vicenza di non essere “nemmeno nata durante il periodo del fascismo” ma di credere fortemente “che alcune azioni di Mussolini siano state positive per l’Italia, a parte gli orrori delle leggi razziali”.
Terzo elemento sorprendente: un’opinione pubblica spaccata tra gli indignati e i fautori di una libertà di pensiero, del “eh ma non si può più dire e pensare nulla qui”.
 
Peccato che il dibattito, dinanzi alla legge, è puro chiacchiericcio. La legge Scelba, approvata nel lontano 1952, proibisce infatti l’apologia del fascismo in Italia. Tra i comportamenti vietati anche “la diffusione o vendita di beni raffiguranti persone, immagini o simboli” riferiti al ventennio fascista o che comunque «ne richiamano pubblicamente la simbologia o la gestualità”.
 
Ma la signora Finezzo ha un ulteriore asso nella manica: il richiamo all’attualità e a Putin. “Sarebbe meglio che la gente si occupasse delle azioni di Vladimir Putin, un comunista, e dei danni che ha causato in Russia e in Ucraina, invece di polemizzare su uno scontrino”. Come si suol dire, chiacchiere da bar. Ma non troppo.
di Raffaela Mercurio
 

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