Se la scuola non ti insegna (anche) a vivere
Da anni si discute del tema, ma mai come ora è necessario che la scuola sappia cambiare ed evolversi. A fianco dei programmi tradizionali servirà fornire agli studenti le basi per affrontare gli aspetti concreti della vita.
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Se la scuola non ti insegna (anche) a vivere
Da anni si discute del tema, ma mai come ora è necessario che la scuola sappia cambiare ed evolversi. A fianco dei programmi tradizionali servirà fornire agli studenti le basi per affrontare gli aspetti concreti della vita.
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Se la scuola non ti insegna (anche) a vivere
Da anni si discute del tema, ma mai come ora è necessario che la scuola sappia cambiare ed evolversi. A fianco dei programmi tradizionali servirà fornire agli studenti le basi per affrontare gli aspetti concreti della vita.
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Da anni si discute del tema, ma mai come ora è necessario che la scuola sappia cambiare ed evolversi. A fianco dei programmi tradizionali servirà fornire agli studenti le basi per affrontare gli aspetti concreti della vita.
La scoperta dell’America, il teorema di Pitagora, i versi di Dante; oppure, perché no, la posizione del canale di Suez, la grande filosofia greca e i quadri degli Impressionisti. Nozioni che abbiamo sentito e risentito durante i nostri periodi scolastici e che sono parte di quel bagaglio di apprendimento su cui basare la propria crescita personale. Ma forse l’insegnamento che fluisce all’interno dei nostri istituti dovrebbe ambire a qualcosa di più. Lev Tolstoj una volta scrisse che «ogni istruzione seria s’acquista con la vita, non con la scuola» e se anche c’è qualcosa di tremendamente veritiero in questa affermazione, alla fine risulta quasi un paradosso.
D’altronde, perché l’istituzione scuola non dovrebbe essere anche “scuola di vita”? Da anni si discute del tema dell’educazione civica e dell’importanza di accompagnare a programmi ‘classici’ anche lezioni volte a creare consapevolezza negli studenti del proprio ruolo di cittadini, aiutandoli a sviluppare una coscienza critica e ad acquisire cognizione di quei diritti/doveri che costituiscono uno Stato fondato sulla socialità. Ma la verità è che lo sforzo che sarà necessario per ricostruire una quotidianità perduta a causa della pandemia, dovrà spingere verso una visione ancora più concreta. Le istituzioni scolastiche non possono più pensare alle scuole come spazi limitati all’apprendimento di materie come storia, filosofia, matematica et cetera ma devono farne luoghi in cui costruire percorsi che permettano agli studenti di crearsi indipendenza e autosufficienza una volta terminati gli studi.
Riflettiamo. Come possiamo ritenere che la scuola abbia raggiunto il proprio scopo quando uno studente si affaccia al mondo senza sapere, per esempio, come si scrive un curriculum o come si legge un contratto di lavoro? Come si può pensare di avergli dato gli strumenti giusti se non conosce un bilancio familiare, una dichiarazione dei redditi o la differenza fra una detrazione e una deduzione? Insomma, come si considera essenziale per la crescita personale conoscere avvenimenti quali la scoperta dell’America, allo stesso tempo si deve considerare altrettanto essenziale fornire le basi per affrontare gli aspetti concreti della vita.
Per questo la scuola deve cambiare ed evolversi, trovando spazio anche a nuovi programmi di apprendimento volti a mettere in contatto gli studenti con la “vita reale”, permettendogli di comprendere opportunità e difficoltà del mondo che affronteranno una volta terminata la scuola dell’obbligo. Perché solo dando a tutti loro gli strumenti giusti riusciranno a sviluppare la consapevolezza più grande e cioè che i successi e i fallimenti – scolastici, lavorativi o familiari – che coglieranno durante la loro vita saranno direttamente figli del loro stesso impegno.
di Matteo Bizzotto Montieni
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