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Sistema Sugi e Inps: l’unica vittoria è dei patronati

Il caso dei dipendenti pubblici in pensione, costretti a rivolgersi ai patronati per ottenere i soldi della liquidazione. Con tempi biblici e, sopratutto, senza trasparenza.
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Sistema Sugi e Inps: l’unica vittoria è dei patronati

Il caso dei dipendenti pubblici in pensione, costretti a rivolgersi ai patronati per ottenere i soldi della liquidazione. Con tempi biblici e, sopratutto, senza trasparenza.
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Sistema Sugi e Inps: l’unica vittoria è dei patronati

Il caso dei dipendenti pubblici in pensione, costretti a rivolgersi ai patronati per ottenere i soldi della liquidazione. Con tempi biblici e, sopratutto, senza trasparenza.
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Il caso dei dipendenti pubblici in pensione, costretti a rivolgersi ai patronati per ottenere i soldi della liquidazione. Con tempi biblici e, sopratutto, senza trasparenza.
Il sistema Sugi non è un lottatore di Sumo anche se gli assomiglia molto. Nel disfunzionamento del sistema burocratico italiano che ci inchioda con le sue mosse vi è il caso dei dipendenti pubblici in pensione che ancora attendono i soldi della liquidazione. Una buonuscita che arriva col contagocce. I tempi sono biblici. «L’Inps si è dato una nuova regola – spiega per iscritto un collaboratore della Cisl di Mestre – poiché per molte persone possono passare anche anni (da 5 a 7) prima di riscuotere la prima tranche della buonuscita». Cavolo, sette anni. E quindi «l’Inps ha comunicato che chi è in attesa deve comunicare in area Sugi le coordinate del suo codice Iban, anche se sono le stesse su cui viene accreditata la pensione. Quindi si colleghi al sito dell’Inps, legga il messaggio, si scarichi il manuale utente e inserisca il codice Iban. Se non è in grado di farlo vada in un patronato. Cordiali saluti. Buona serata». Letto il tutto, uno si chiede: che senso ha ricomunicare il codice Iban a un ente che ne è già in possesso? E soprattutto, perché? E perché mai una persona, qualora non sia in grado di comunicare il codice Iban, deve rivolgersi a un patronato e invece l’Inps non può rivolgersi a sé stesso per recuperare un codice già in suo possesso? Perché far fare il lavoro due volte? Semplice: per spingere ad andare nei patronati, finanziati con soldi pubblici e retti dai sindacati che però spesso prestano assistenza innanzitutto ai loro iscritti. Prendiamo un pensionato. Ha una certa età e la tecnologia la impara grazie all’aiuto dei figli; è già tanto che sappia accedere a una mail e inviare a sua volta una risposta. Con questo sistema è ovvio che si veda costretto a recarsi in un patronato, se non altro per capire cosa sia questo Sugi e come potervisi registrare. Scopre così che è il Sistema unico gestione Iban dell’Inps. Una nuova procedura con cui i pensionati possono trasmettere il proprio codice Iban per l’accreditamento del Tfr (trattamento di fine rapporto) o del Tfs (trattamento di fine servizio). La novità è stata comunicata dall’ente previdenziale con il messaggio n. 773 dello scorso 16 febbraio. Si accede tramite portale e bisogna seguire le istruzioni, che ovviamente sono complicate. Indicano percorsi tortuosi e sferrano colpi gobbi da incassare. Quanto ai soldi, invece, quelli non s’incassano mai. La procedura necessita di Spid, il sistema pubblico di identità digitale: una chiave di accesso semplice, veloce e sicura che però molti adulti in età avanzata non sanno come ottenere. Se non si comunica il proprio Iban tramite Sugi, non si verrà liquidati. Contattato il patronato, possono passare due settimane prima che qualcuno risponda. Se invece chiami il sindacato rispondono subito. A patto che tu sia iscritto.   di Serenella Bettin   

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