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Studenti social e somari

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Gli studenti che hanno aperto un profilo su una qualsiasi piattaforma social prima del 14esimo anno di età tendono ad avere voti inferiori a scuola in italiano e matematica

Studenti social e somari

Gli studenti che hanno aperto un profilo su una qualsiasi piattaforma social prima del 14esimo anno di età tendono ad avere voti inferiori a scuola in italiano e matematica

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Studenti social e somari

Gli studenti che hanno aperto un profilo su una qualsiasi piattaforma social prima del 14esimo anno di età tendono ad avere voti inferiori a scuola in italiano e matematica

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Le ricerche fatte dalle università sono sempre una grande fonte di argomenti. Alcune perché fanno sorridere, altre – più serie – perché in qualche modo fotografano chi siamo, come ci comportiamo, cosa pensiamo e cosa ci piace. Una delle ultime realizzate dall’Università Milano-Bicocca esplora il rapporto tra utilizzo dei social network da parte dei più giovani e rendimento scolastico. Combinando i dati raccolti tra 6mila studenti di oltre trecento classi della Lombardia con i relativi test Invalsi. In sintesi: gli studenti che hanno aperto un profilo su una qualsiasi piattaforma social prima del 14esimo anno di età tendono ad avere voti inferiori a scuola. In italiano e matematica.

La ricerca, vien da sé, è interessante ma porta anche a una serie di ovvietà. La prima: il tempo che i ragazzi passano al telefono, siano essi somari o bambini prodigio, è tempo sottratto ad altro (leggi: lo studio). La seconda riguarda ciò che gli stessi ragazzi guardano. A occhio e croce più scemenze e meno contenuti vagamente culturali (ma attenzione a non sminuire tante pagine social che fanno vera divulgazione, spesso e volentieri meglio di un professore di scuola).

La terza ovvietà sta nel ricordare che i social non sono un male in senso assoluto. E che quindi la loro capacità di portare benefici o danni dipende dall’uso che se ne fa. A ciò si lega un altro dei risultati della ricerca. Gli stessi cali di rendimento che i ragazzi hanno in matematica e italiano non si registrano nello studio dell’inglese. Capirne il perché è facile. Lo è meno iniziare a immaginare che – se usati per bene – proprio i social possono dare una grande mano nello studio delle lingue. Ma andiamo con ordine.

A leggere questi dati un esperto in materia potrebbe ricordare che l’iperconnessione e l’utilizzo eccessivo delle piattaforme digitali possono intaccare le capacità di concentrazione e di elaborazione di concetti complessi dei ragazzi. Che si saranno ormai abituati ai contenuti brevi e immediati tipici dei social network.

All’esperto farebbe seguito poi un pedagogista. Che certamente consiglierebbe di incoraggiare pause digitali, promuovere la lettura e garantire momenti di studio senza distrazioni, magari senza rinunciare ai benefici della tecnologia. Detto ciò, parlate con un qualsiasi genitore e preparatevi alla gran pernacchia che vi farà quando gli parlerete di certi argomenti, di dialogo con i figli, di sensibilizzazione, di collaborazione tra scuola e famiglia.

Dunque, senza scomodare le scelte di ciascuna famiglia sull’educazione della prole, la ricerca non ci dice nulla di nuovo. Ci ricorda però qualcosa che dovremmo già sapere: il segreto è la misura. Questo dice alle famiglie. E alla scuola? A lei potrebbe dire che combattere questo mondo è una battaglia insensata e comunque impossibile da vincere, quindi tanto vale iniziare a usare questi strumenti per la didattica. Anche in questo caso nulla di nuovo, c’è chi lo fa da anni con ottimi risultati: da loro si prenda esempio. I rischi principali sono due: pensare che per usare il digitale a scuola basti comprare un po’ di lavagne interattive e poi farle usare a docenti che, anche solo per accenderle, devono chiedere aiuto agli studenti. Non ci siamo.

di Luigi Santarelli

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