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Gli Istituti tecnologici superiori Academy danno ottimi risultati in Europa, in particolare in Germania, ma per l’Italia sono ancora una scommessa
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Gli Istituti tecnologici superiori Academy danno ottimi risultati in Europa, in particolare in Germania, ma per l’Italia sono ancora una scommessa
Gli Istituti tecnologici superiori Academy danno ottimi risultati in Europa, in particolare in Germania, ma per l’Italia sono ancora una scommessa
Che cos’è l’oggetto misterioso Its? La sigla, sempre criptica come tutte le sigle, indica l’Istituto tecnico superiore che oggi è stato ridefinito in Istituto tecnologico superiore Academy. In due parole: è un corso biennale parauniversitario che mira a fornire una formazione professionale avanzata per garantire da un lato occupazione e dall’altro personale specializzato per le aziende. Per questa duplice natura gli Its Academy hanno tanto una componente statale (scuole, università, Ministero) quanto una parte imprenditoriale (imprese, professionisti, istituti di credito). Funzionano? Beh, in Europa – in particolare in Germania – hanno dato ottimi risultati mentre in Italia sono ancora una scommessa. Il Ministero ci punta le sue carte ma deve fare i conti con la realtà statalista delle scuole italiane che (ecco l’immancabile paradosso italiano) lo stesso Ministero ha costruito in oltre mezzo secolo di scuola media superiore di massa.
La riforma degli Istituti tecnologici superiori prende corpo intorno alla formula del cosiddetto 4+2. Nella sostanza le scuole medie superiori di ordine tecnico – quelli che una volta si chiamavano istituti professionali e istituti per ragionieri e geometri – oltre al percorso tradizionale dei cinque anni possono avviare anche un percorso scolastico di quattro anni che è legato ai due anni professionalizzanti dell’Academy e così al termine dei sei anni lo studente avrà sia un titolo di studio spendibile nei concorsi sia un lavoro aziendale.
Se il percorso di studio e professionalità è riuscito in Europa perché stenta a decollare in Italia? Perché il 4+2 deve fare i conti con due forti resistenze: le abitudini di docenti e scuole e la mistica della scuola pubblica. La riforma, voluta senza dubbio dal ministro Valditara ma che nasce prima del governo Meloni, è stata avviata in via sperimentale ma se le scuole non aderiscono – ossia non decidono di sperimentare e mettersi in gioco – non funzionerà mai. Purtroppo, l’abitudine è la cosa più resistente da modificare e in questa storia ciò che va modificato è soprattutto l’orario scolastico, che deve cambiare per redistribuire le ore del quinto anno sui precedenti quattro in modo tale da guadagnare un anno. Siccome l’elogio dell’innovazione è il più delle volte soltanto retorica, ecco che le scuole nella maggioranza dei casi si tirano indietro. C’è poi la mistica del pubblico che non vuole il privato, ma in realtà nell’ordinamento scolastico italiano “pubblico” equivale a statale e così la mistica dei docenti ideologizzati diventa per il Ministero una sorta di cortocircuito del sistema che per l’eccesso di statalismo neutralizza i suoi stessi tentativi di riforma.
Insomma, il solito pastrocchio italiano che sconta un male antico: la nascita nel peggiore dei modi alla fine degli anni Sessanta della scuola di massa, che non ha mai avuto una reale riforma della scuola di secondo grado. Infatti – fateci caso – se togliamo i nomi nuovi (Its, Academy, 4+2) ciò che emerge sono i classici due percorsi della ‘vecchia’ scuola gentiliana: scuole professionali e licei. Questi due indirizzi di studio una volta erano separati alla nascita perché uno conduceva al lavoro e uno all’università. Ma oggi non è più così perché gli studi universitari sono garantiti a tutti. Dunque, cos’è che ostacola i cambiamenti? La storia della scuola del Novecento che, non conosciuta, si è tramutata in mito a discapito della stessa scuola ferma a cinquant’anni fa e del suo mancante importante contributo alla crescita della vita civile.
Di Giancristiano Desiderio
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