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Un decennio di obbligo senza sanzioni

Ci sono voluti 10 anni per introdurre sanzioni verso quei commercianti che ancora rifiutano pagamenti con sistema elettronico. Ora il Parlamento ha ben pensato di spostare le sanzioni (forse) al 2023, pessimo messaggio per tutti quei professionisti che hanno rispettato le regole.
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Pessima idea e pessimo esempio. Fin dal 2012 vige l’obbligo, in capo a commercianti e professionisti, di dotarsi di Pos (acronimo dall’inglese Point of sale), ovvero terminali per accettare pagamenti con carte di credito, bancomat, carte di debito e ogni altro consentito sistema elettronico. Transazioni sicure e tracciabili. Attenzione: non vige l’obbligo di pagare con le carte, sicché il cliente può ben scegliere di usare il contante, fino a mille euro, ma c’è quello di accettare i pagamenti non in frusciante. Ma a che serve un obbligo se poi non c’è la sanzione? A nulla. Difatti, dal primo gennaio 2022 sarebbero dovute scattare le multe per chi non ha il Pos e rifiuta quei pagamenti. Dieci, dicasi dieci, anni dopo l’introduzione dell’obbligo.

Ma dieci sono pochi e, con la conversione del decreto Recovery, il Parlamento ha pensato bene di infilare un emendamento che sposta le sanzioni (forse) al 2023. Pessima idea e pessimo esempio. Primo, perché commercianti e professionisti che si sono adeguati alla legge hanno la conferma che solo i fessi (Prezzolini, op. cit.) lo fanno. Secondo perché non ha senso dire che si vuol contrastare l’evasione fiscale, non ha senso denunciare più di 19 miliardi di microevasione se poi si premia chi impedisce l’uso dei migliori strumenti per provare a sconfiggerla. Senza contare che imporre obblighi e poi strizzare l’occhio a chi se ne impipa è il modo sicuro per togliere validità a qualsiasi legge. Ammesso gli emendatori sappiano di che stiamo parlando.  

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