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Un unico grido di pace: da Gandhi ai giorni nostri

Il 12 marzo del 1930 iniziava la famosissima “marcia del sale”, la disobbedienza civile non violenta guidata da Mahatma Gandhi. Oggi, dopo lo scoppio della guerra in Ucraina, anche personalità “potenti” urlano “No alla guerra!”.
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Un unico grido di pace: da Gandhi ai giorni nostri

Il 12 marzo del 1930 iniziava la famosissima “marcia del sale”, la disobbedienza civile non violenta guidata da Mahatma Gandhi. Oggi, dopo lo scoppio della guerra in Ucraina, anche personalità “potenti” urlano “No alla guerra!”.
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Un unico grido di pace: da Gandhi ai giorni nostri

Il 12 marzo del 1930 iniziava la famosissima “marcia del sale”, la disobbedienza civile non violenta guidata da Mahatma Gandhi. Oggi, dopo lo scoppio della guerra in Ucraina, anche personalità “potenti” urlano “No alla guerra!”.
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Il 12 marzo del 1930 iniziava la famosissima “marcia del sale”, la disobbedienza civile non violenta guidata da Mahatma Gandhi. Oggi, dopo lo scoppio della guerra in Ucraina, anche personalità “potenti” urlano “No alla guerra!”.
Il 12 marzo del 1930 Mahatma Gandhi iniziava la “marcia del sale” che segnò non solo l’inizio del nazionalismo indiano contro l’Impero britannico – a quel tempo infatti sulla tassa del sale vigeva il monopolio imperiale, imposto dal governo britannico a tutti i sudditi dell’India, residenti europei compresi-  ma fu soprattutto il simbolo del potere della disobbedienza civile. Una manifestazione non violenta in grado di scuotere l’attenzione mediatica e che cambiò il corso della storia. Gandhi marciò per oltre trecento chilometri, da Ahmedabad a Dandi, raccogliendo lungo il tragitto manciate di sale dalle saline, per rivendicare simbolicamente il possesso della risorsa del popolo indiano. Man mano che la marcia proseguiva, sempre più indiani vi parteciparono. Il movimento di disobbedienza continuò in questo modo per quasi un anno, portando all’arresto circa 80.000 persone. Gandhi fu arrestato la notte tra il 4 e il 5 maggio del 1930 e le manifestazioni cessarono solo dopo il suo rilascio. Nel 1931, con la firma del Patto Irwin-Gandhi, il governo britannico modificò le leggi sul monopolio del sale e liberò i detenuti politici. Dal lontano 1930, in seno ai movimenti civili e di protesta, molte cose sono cambiate ma la voce per i diritti non smette di chiedere giustizia. Nelle ultime settimane tantissime piazze in tutto il mondo si sono riempite per chiedere la fine della guerra in Ucraina. Questa volta a lasciare un segno anche le figlie degli oligarchi. Le stesse che avrebbero potuto evitare di esporsi hanno scelto invece di inviare messaggi contro la guerra tramite i propri profili social. La prima a farlo è stata Sofia Abramovich, figlia del noto oligarca Roman Abramovich, colpito anche lui da dure sanzioni a seguito del conflitto. La giovane ventisettenne aveva postato su Instagram un cartello con scritto “Putin vuole una guerra contro l’Ucraina, la bugia più grande è più efficace della propaganda del Cremlino è che la maggioranza dei russi stia con lui”. Anche se per poco, un’ora appena, Elisaveta, la figlia di Dmitri Peskov (storico portavoce di Putin) aveva espresso il suo “No alla guerra” con un post su Instagram, sparito poco dopo la pubblicazione dal profilo della ragazza seguito da oltre 238mila follower e ora divenuto privato ed inaccessibile. E ancora Maria Yumasheva, la nipote dell’ex presidente russo Boris Eltsin e dell’attuale consigliere del Cremlino, Valentin, la quale ha postato una foto della bandiera ucraina con la didascalia “no alla guerra”. La ragazza ha inoltre partecipato alla manifestazione pacifista contro il conflitto in Ucraina tenutasi a Londra. Il suo compagno Fedor Smolov, calciatore della Nazionale russa, è stato il primo sportivo ad esporsi contro l’invasione russa.  Stupisce (in bene) e dà speranza sapere che anche chi detiene maggior “potere” o benefici prenda una posizione e si schieri a favore della pace. Come a ricordare che davvero ciascuno può e fa la differenza. “Se pensi di essere troppo piccolo per fare la differenza, prova a dormire con una zanzara” diceva il Dalai Lama.  di Claudia Burgio

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