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Vedovi con figli esclusi dalla social card. Forse non sono abbastanza famiglia?

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La social card da 382 euro verrà data solo alle famiglie composte da almeno 3 persone, tra cui un minore. Esclusi quei genitori che hanno un figlio e sono soli, non per scelta
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Vedovi con figli esclusi dalla social card. Forse non sono abbastanza famiglia?

La social card da 382 euro verrà data solo alle famiglie composte da almeno 3 persone, tra cui un minore. Esclusi quei genitori che hanno un figlio e sono soli, non per scelta
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Vedovi con figli esclusi dalla social card. Forse non sono abbastanza famiglia?

La social card da 382 euro verrà data solo alle famiglie composte da almeno 3 persone, tra cui un minore. Esclusi quei genitori che hanno un figlio e sono soli, non per scelta
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C’è qualcosa di profondamente giusto e al tempo stesso sbagliato nella social card da 382 euro, somma che dovrebbe aiutare gli italiani a combattere l’inflazione. Stanziata dal Governo con decreto del 18 aprile scorso, la social card ha fondi limitati: 500 milioni di euro che evidentemente non basteranno a fronteggiare le richieste di tutte quelle famiglie che oggi non superano i 15mila euro di Isee. Per questo, come sempre accade quando si parla di bonus – salvo scellerati casi non così lontani – si è reso necessario mettere dei paletti per stabilire la platea degli aventi diritto. Si è deciso che il contributo verrà elargito solo ai nuclei familiari formati da almeno tre componenti, di cui un figlio minore. Restano fuori coppie e single e chi già percepisce qualche forma di integrazione salariale. Del resto il Governo Meloni non ha mai nascosto di voler  favorire la famiglia “classica”, argomento che è stato uno dei cavalli di battaglia durante la campagna elettorale. Chi ha scritto il decreto però ha clamorosamente dimenticato l’esistenza di famiglie composte solo da due persone. I vedovi con figli sono circa 190mila, laddove 3/4 hanno figli minori. Ciò significa che non tutti hanno fatto ricorso alla fecondazione eterologa.   Nel 2018 il collega giornalista Paolo Oggioni, 44 anni, ha visto morire la moglie Marta nel giro di pochi mesi per un brutto male, poco prima aveva perso anche il lavoro. Improvvisamente si è ritrovato in un buco nero, con l’enorme compito di crescere da solo un figlio, che all’epoca dei fatti aveva 4 anni. Pur superando di poco i 7mila euro di Isee, in questi anni, non ha mai chiesto il reddito di cittadinanza e – con una punta di vergogna – ammette di farsi aiutare ancora economicamente dai genitori. In questi anni ha provato a rientrare nel mondo del giornalismo, un settore profondamente in crisi, dove un freelance dichiara in media un reddito annuo che si attesta tra gli 8 e gli 11mila euro lordi. Per Oggioni sapere di rimanere escluso da questo sussidio solo perché ha la “colpa” di appartenere a una famiglia monogenitoriale è un ulteriore smacco. Non tanto per quei 382 euro, che certamente lo avrebbero aiutato, ma per la poca considerazione che lo Stato ha dimostrato nei riguardi di chi già ha un passato segnato da una grande sofferenza. Giorgia Meloni ha appena redarguito i suoi capigruppo in Parlamento, ricordando loro che, onde evitare figuracce, serve leggere meglio gli atti e arrivare preparati in Aula. Ha ragione: a chi fa politica si chiede serietà e senso di responsabilità. Le loro decisioni hanno conseguenze che prima o poi ci toccano nel profondo e non possono non suscitare rabbia e sdegno quando discriminano dei minori come in questo caso.

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