La presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen ha provato a delineare quali ponti possono colmare i vuoti che l’Europa deve affrontare.
A farlo non è la Commissione, ma gli Stati membri che devono collaborare con rinunce a sovranità statali. Se prendiamo l’area della difesa, tuttavia, il vuoto è notevole. La presidente ha inquadrato a livello internazionale le sfide alla nostra sicurezza: la Cina, la Russia e la Turchia, per citare i Paesi più importanti.
Ma ha potuto ‘schierare’ a sostegno della sicurezza europea soltanto valori e metodi, invocando l’adozione di una normativa simile al cosiddetto Magnitsky Act americano, che autorizza il governo a interventi contro gli Stati o governi che attuano violazioni dei diritti umani in altri Paesi. Oppure ha auspicato l’adozione delle votazioni a maggioranza per poter irrogare sanzioni contro i Paesi che li commettono, esclamando «Dobbiamo completare il nostro armamentario».
Ma l’unico armamentario europeo è quello della cybersecurity e degli investimenti nel potenziamento della filiera critica del digitale avanzato: infrastrutture di rete, intelligenza artificiale, processori avanzati e supercomputing.
Tutti temi che trovano risorse dedicate nei fondi Next Generation Eu, ma che non sono operativi.
Prendiamo l’obiettivo cruciale della cybersecurity: esso richiede non solo e non tanto risorse aggiuntive quanto un salto istituzionale, e quindi una specifica delega degli Stati membri all’Unione se si vuole puntare a elevare la protezione – non solo cyber – dei cittadini, delle imprese e delle istituzioni europee.
Solo così si crea una difesa aggiuntiva, operativa, che si traduce in maggior deterrenza e maggior protezione. Ursula von der Leyen è convinta fautrice del negoziato come metodo per risolvere le controversie: «I rapporti di vicinato con la Turchia sono travagliati… Astenersi dalle azioni unilaterali e riprendere i colloqui in autentica buona fede è l’unica strada da seguire». Ma il problema è che solo una deterrenza efficace impone anche all’avversario di sedersi al tavolo negoziale. Per essere efficace deve essere credibile e la deterrenza credibile è il risultato della rapidità con cui la minaccia di sanzioni può tradursi in attacco vincente.
La presidente rinvia, su questo campo, all’Alleanza Atlantica, rivestendola di dimensioni più ampie e complesse di quella militare, annacquando nelle correnti transoceaniche il dato centrale della deterrenza militare: «Siamo pronti a realizzare una nuova agenda transatlantica per il rafforzamento dei rapporti bilaterali in materia di commercio, tecnologia, fiscalità, ecc.».
Ma l’estensione a questioni intricate come quelle del trattamento fiscale delle multinazionali o, peggio ancora, della Digital Tax, della ricerca tecnologica o del commercio internazionale aumenta l’area di potenziale contenzioso infra-alleato, esponendo così verso l’esterno un fronte interno meno coeso e più contraddittorio. Di strada da fare ne resta molta.
di Mario Dal Co
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