W il ‘mainstream’
| Società
La potremmo definire “incontinenza verbale” quella degli ultimi giorni con Vittorio Sgarbi, Filippo Facci e il ministro per lo Sport Andrea Abodi

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La potremmo definire “incontinenza verbale” quella degli ultimi giorni con Vittorio Sgarbi, Filippo Facci e il ministro per lo Sport Andrea Abodi
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La potremmo definire “incontinenza verbale” quella degli ultimi giorni con Vittorio Sgarbi, Filippo Facci e il ministro per lo Sport Andrea Abodi
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AUTORE: Fulvio Giuliani
Ci siamo occupati anche molto di recente dell’incontinenza verbale di una serie di personaggi della politica e del giornalismo. Veri e propri professionisti della polemica fine a se stessa, della caciara per la caciara. Interpreti supremi del caos mediatico a uso e consumo della propria popolarità.
Disinnescarli non sarebbe neppure troppo difficile – lasciando spegnere le loro baggianate nel silenzio – ma le “regole“ dei social e dell’informazione H24 giocano tutte a loro favore: la si spara grossa, la più grossa possibile, per vedere l’effetto che fa. Si registrano le reazioni e poi si smussa, si precisa, si fa la finta marcia indietro per garantirsi la seconda ondata di attenzione.
Un giochino che conoscono tutti e che pure funziona egregiamente, basti pensare in ordine sparso a fuoriclasse come Vittorio Sgarbi e Filippo Facci o a interpreti del momento come il ministro dello sport Andrea Abodi, solo negli ultimi sette giorni.
Volenterosi e talvolta inconsapevoli amplificatori di questa insopportabile marmellata social-mediatica, tutti coloro che non vedono l’ora di eleggere un nuovo eroe contro il giornalismo “tradizionale”, la comunicazione pacata, il confronto a toni bassi e civili. È quel grumo di opinione pubblica che continua a covare un sordo risentimento contro tutto ciò che appaia “establishment” e potere costituito, ma anche approccio razionale e rispetto della realtà. Sono più o meno gli stessi che diedero ascolto alle scie chimiche, che contestarono la campagna vaccinale latrando di 5G, i complottisti senza vergogna.
Li riconoscete perché amano tutto ciò che è provocazione distruttiva, adorano la parola usata come maglio per colpire l’avversario. Schiumano rabbia e cercano sempre nuovi eroi della (finta) contestazione.
Li riconoscete perché quando non sanno più che cosa dire – in genere bastano pochi secondi – tirano fuori la parola magica tanto disprezzata: “mainstream“.
Significa tutto e niente, ma equivale al peggior insulto. Certo, se il loro giornalismo di riferimento è quello alla Facci, allora il “mainstream” diventa una medaglia da appuntarsi al petto.
di Fulvio Giuliani
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