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Da Paperino a Pikappa

Paperopoli, fantascienza e alieni: c’era una volta Paperino e c’è ancora. Ma anche Paperinik e Pikappa

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C’era una volta Paperino (e c’è ancora), sin dal 1931. Poi – nel 1969 – venne Paperinik, grazie alla fantasia degli autori italiani Guido Martina e Giovan Battista Carpi. Una nuova proprietà intellettuale capace di declinare il personaggio disneyano nella moda ‘kappata’ del fumetto della Penisola, da innestare come un ramo fruttifero sul già prospero albero creativo piantato da Walt Disney. Quindi venne Pikappa. Anzi, più precisamente le Pkna (PaperiniK New Adventures). E anche stavolta si è trattato di un frutto originale dell’ambiente fumettistico italiano.

È il marzo del 1996 quando, nel pavese della mia edicola di fiducia a Palermo, vedo un fumetto oblungo e gigantesco rispetto ai canoni del solito “Topolino”. Costa 500 lire in più del settimanale, ma in copertina c’è un Paperinik in difficoltà che affronta un alieno su uno scudo volante. La copertina ha dei colori scuri, una grafica modernissima e sul bordo destro – da un finto strappo della carta – si allunga la scritta verticale “Evroniani”, chiaramente il nome dei nuovi nemici. Lo compro immantinente e la lettura della storia interna è un’esperienza persino migliore dell’interesse suscitato dall’abito editoriale: tavole mute di battaglie planetarie, dialoghi avvincenti e una nuova ambientazione dagli spiccati tratti fantascientifici per il mio supereroe preferito.

Non lo compro soltanto io, ma tutti i miei amici. E molti altri in tutta l’Italia, inconsapevoli che saremo noi a permettere a questa saga di prosperare davvero. Si tratta infatti del numero zero di un esperimento voluto dal direttore di “Topolino” Paolo Cavaglione. Questo giornalista di carriera arriva nella redazione con l’idea di lasciar esprimere tutte le forze creative inespresse del vasto team artistico della galassia fumettistica della Disney italiana. Così inizia una vera e propria battaglia contro la dirigenza dell’azienda, assai conservativa, al fine di permettere a Ezio Sisto e a Max Monteduro (coordinati da Simone Stenti) di ideare una linea di storie che oggi definiremmo young adult.

D’altronde il problema più grande di “Topolino” è sempre stato quello del fisiologico invecchiamento dei suoi lettori, che con la maggiore età abbandonano l’albo per riprenderlo – forse – da adulti e riproporlo ai loro figli. Cavaglione però non vede alcun motivo per non cercare di agganciare il loro cambio di interessi e prospettive con storie più adulte, sebbene ancora integrate perfettamente con il mondo narrativo e soprattutto con lo humor disneyano. Il direttore si gioca tutto con un prodotto inedito che non può contare su alcun caso di studio o precedente, ma la sua è fortuna che aiuta gli audaci.

Soprattutto la scelta del designer dei nuovi nemici è, forse, quella più felice. Alberto Lavoradori mischia Alfred Kubin, Hans Ruedi Giger e Richard Oelze per creare gli alieni evroniani. Essi sembrano appunti nati da un sogno mutagenico e futuribile di un autore Disney: magri e slanciati, hanno corpi viola e un becco come quello di Paperino, ma sormontato da occhi blu senza pupilla. Si nutrono di emozioni e riducono in schiavitù interi pianeti trasformandone gli abitanti in apatici Coolflame (fiammafredda, in inglese), mentre banchettano dei loro sentimenti. Volano e invadono grazie ad astronavi dotate anch’esse di becchi che, in bilico tra scheumorfismo e ridondanza narcisistica, riescono incredibilmente a non apparire ridicole bensì minacciose.


Un’epopea – quella di Pikappa – in bilico fra umorismo scanzonato e momenti di grande lirismo, persino epico, che venne premiata da vendite clamorose. La mancanza di una vera internazionalizzazione del fumetto fu forse l’unico fallimento di questo progetto, che tuttavia rimane il miglior prodotto originale mai concepito dalla branca italiana della Disney.

di Camillo Bosco

VOTO:


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