Il Magico Vento del Far West
Magico Vento, eroe mistico, cupo e dilaniato nella sua interiorità del poliedrico Giancarlo Manfredi
Giancarlo Manfredi arriva al fumetto nel mezzo di una carriera ricca e sfaccettata, partita da cantautore e frequentatore della redazione della rivista anarco-situazionista “Re Nudo” e poi proseguita anche negli ambiti del romanzo e della cinematografia. L’editore Sergio Bonelli lo nota grazie a “Gordon Link” – un fumetto ispirato a Dylan Dog che Manfredi aveva realizzato per Edizioni Dardo – e si accorda con lui per realizzare una serie legata al nuovo personaggio Magico Vento.
Inizialmente questo ex soldato americano non doveva apparire come un eroe indomito, bensì come un sopravvissuto. Quasi un reduce. I suoi lineamenti avrebbero dovuto essere quelli dell’attore Daniel Day Lewis nel film “L’ultimo dei Mohicani”, ma con un carisma dal tono più dannato. Manfredi era affascinato dall’idea di presentarlo come un protagonista cupo e dilaniato nella sua interiorità, se non propriamente schizofrenico. Al posto della sua criniera scura, capelli resi bianchi dal grave shock vissuto. Nei duelli con la pistola il nemico poteva apparirgli mutato in un serpente gigante e mostruoso, per tornare umano ai suoi occhi una volta ucciso e torturarlo così coi sensi di colpa.
Magico Vento doveva essere persino muto, ma fu lo stesso Bonelli a far notare a Manfredi che eliminare i dialoghi avrebbe precluso molte possibilità di caratterizzazione del personaggio. I capelli bianchi furono poi aboliti perché nelle pagine in bianco e nero sembravano biondi e, riassegnandogli il dono della favella, l’autore lo liberò anche dal pericolo di essere afflitto da psicopatologie troppo ingombranti.
Al personaggio non rimase quindi che una ferita sulla fronte dovuta all’esplosione del treno a cui faceva la guardia quand’era un soldato di nome Ned Ellis, a segnare il punto dove una scheggia di metallo gli ha portato via la memoria della sua vita da bianco yankee. Cavallo Zoppo, “uomo sacro” del popolo Lakota, lo trova svenuto e ferito fra le lamiere contorte e i tizzoni anneriti del vagone e lo fa adottare dalla sua tribù. Lo sciamano scoprirà che la scheggia non ha reso il bianco soltanto amnesico, ma anche soggetto a visioni che gli permettono di confrontarsi col lato paranormale della realtà.
La serie “Magico Vento”, intitolata al nuovo nome da pellerossa di Ellis, è pertanto una commistione fra i generi western e horror. Una sorta di punto d’unione fra il West di Tex e i mostri di Zagor, con una vita sentimentale sacrificata (ma vivace) che ricorda quella di Dylan Dog. Accompagnato da Willy Richards, giornalista soprannominato “Poe” per la sua somiglianza con il celebre letterato, Magico Vento si muove in un West a tinte dark dove mostri (alcuni esplicitamente lovecraftiani), stregoni e sette pseudo massoniche (la Volta Nera) animano pianure abitate da reduci della guerra di secessione e che faranno da sfondo alle guerre indiane.
Sebbene la vita editoriale di Magico Vento sia durata ‘soltanto’ all’incirca 130 numeri dal 1997 al 2010 (tredici anni possono sembrare appena un secondo gli standard delle robuste serie Bonelli), il personaggio è rimasto nel cuore di una platea di lettori ansiosi di leggerne miniserie di proseguimento.
di Camillo Bosco
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Tag: fumetti, recensioni
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