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Le tre vite interrotte di Jonas Fink

Storia di “Jonas Fink”, il capolavoro letterario di Vittorio Giardino dedicato all’oppressione sovietica
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In un breve racconto di Franz Kafka, l’Odradek è un rocchetto piatto di legno a forma di stella (se a cinque o a sei punte forse dipende dalla famiglia) intorno al quale sono avvolti «pezzetti di filo strappati, vecchi, annodati e anche ingarbugliati fra loro, di tipi e colori dei più disparati». Al suo centro è collocato un bastoncino obliquo che s’interseca a un altro bastoncino ad angolo retto e così – ritto su una punta della stella e su questo listello – lo si può trovare talvolta in casa ed è persino capace di rispondere, se interrogato. Simbolo di tutto quel che di imperscrutabile e oscuro accade nel viluppo emotivo di ogni famiglia, condensandosi e sopravvivendo di generazione in generazione, Odradek è anche il nome che si è attribuito il gruppo di amici praghesi a cui aderisce Jonas Fink nella trilogia a fumetti scritta e disegnata dal maestro bolognese Vittorio Giardino.

Iniziata nel 1991 e terminata nel 2018, la saga intitolata nel suo complesso “Jonas Fink – Una vita sospesa” segue i soprusi subiti dalla famiglia Fink nella Cecoslovacchia sovietica dal 1950 al 1968. Il padre, psichiatra ebreo di chiara fama, sparisce nel sistema carcerario comunista. Per il dodicenne Jonas e sua madre inizia così – tanto spietato quanto inevitabile – l’ostracismo a ogni famiglia infettata dall’accusa infamante di essere composta da “nemici del popolo”. Soltanto pochi amici fidati allevieranno la solitudine e il degrado a cui il regime li ha destinati, mentre i due tentano di sopravvivere alla povertà.

Privato dell’istruzione superiore dall’antisemitismo sovietico, Jonas diverrà dapprima muratore, quindi assistente idraulico e infine commesso della libreria del signor Pinkel. Sarà proprio quest’ultimo, traduttore imperterrito dei samizdat (i libri autopubblicati clandestinamente per sfuggire alla censura di Mosca), a permettere che l’adolescenza di Jonas avvenga in un contesto più sicuro dove poter sviluppare appieno la sua coscienza critica. Ed è nella libreria che il protagonista incontra i suoi compagni dell’Odradek, che lo invitano alle letture clandestine di testi vietati che improvvisano nei giardini Petřín. Riunioni di crescita intellettuale ed emotiva, dato che durante una di esse Jonas bacia per la prima volta la coetanea russa Tatjana. Da quel momento la paura di essere scoperti sarà una costante della loro relazione, finché i genitori della ragazza non la riporteranno in patria per impedirle di frequentare il figlio di un “borghese antirivoluzionario”.

L’elaborazione da parte di Jonas di questo secondo trauma emotivo avviene però lontano dallo sguardo indiscreto dell’autore, che riprende la storia nel 1968. I due innamorati s’incontrano infatti nuovamente sullo sfondo di quella “Operazione Danubio” con cui il Cremlino stroncherà l’eresia socialista della Primavera di Praga di Alexander Dubček, ma la repressione rende impossibile il loro rapporto e Jonas è costretto a scappare in Occidente per salvarsi dall’arresto. Potrà tornare a Praga soltanto nel 1990 con la sua nuova famiglia francese, incontrando per un’ultima volta i sopravvissuti del gruppo Odradek che, come l’oggetto del racconto di Kafka, sono stati testimoni quanto lui dell’esperienza drammatica ed epocale dell’occupazione russa dell’Europa dell’Est.

di Camillo Bosco

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