L’idea del mondo di Eiichiro Oda
Il manga “One Piece” di Oda ha battuto tutti i record d’incassi con più di mezzo miliardo di volumi venduti. Sopra di lui soltanto la Bibbia e il “Libretto rosso”
Kyushu è l’ultima grande isola meridionale dell’arcipelago giapponese. Situata a Sud-Est della penisola di Corea, il profilo irregolare della sua costa di ponente abbraccia una parte dell’Oceano Pacifico, formando il Mar Ariake. Su questo specchio d’acqua interno si affaccia la città di Kumamoto, dove è nato Eiichiro Oda. Suo padre è un salaryman, un termine comunemente impiegato in Giappone per definire uno dei milioni di impiegati anonimi che muovono l’economia nipponica, la cui valvola di sfogo è la pittura a olio. Il piccolo Odacchi – il nomignolo con cui è chiamato in famiglia – ama i dipinti e i colori usati dal papà, rimanendo strabiliato dalla notizia che esista la professione di mangaka (fumettista). «Non sarò costretto a lavorare un solo giorno nella mia vita» pensa già a quattro anni, nel 1979. Nella sua mente venire pagati per fare ciò che suo padre considera un hobby è infatti il miglior destino possibile. Il primo vero manga (fumetto) che legge è l’avventuroso comico-horror “Kaibutsu-kun” di Fujiko Fujio, conosciuto in Italia come “Carletto il principe dei mostri”. Vi si appassiona soprattutto per via della contaminazione dei generi e per la comicità di Fujio, autore anche del famosissimo “Doraemon”, cementando l’idea di dedicare la sua vita al fumetto. Un altro grande tassello della formazione sentimentale di Odacchi è poi “Captain Tsubasa” (“Holly e Benji” nell’adattamento italiano) di Yoichi Takahashi, che lo spinge addirittura a iscriversi in un club calcistico. L’esperienza sportiva lo porta a fare tesoro dello spirito di squadra, finché non arriva la suggestione finale. L’anime (cartone animato giapponese) “Vicky il vichingo” – tratto dalle opere dello svedese Runer Jonsson – lo fa innamorare del tema della pirateria. Avventura, comicità, amicizia, pirati: l’infanzia del piccolo Odacchi raccoglie i semi che germoglieranno nell’espressione artistica del giovane Oda.
Già al liceo si qualifica con la sua prima storia a fumetti al Premio Tezuka della “Weekly Shonen Jump”, la rivista fumettistica di punta del colosso editoriale Shueisha. In seguito Oda abbandona del tutto i suoi studi d’architettura per diventare assistente di mangaka già affermati. Con un piede già dentro l’industria, pubblica così la storia breve “Romance Dawn” che sarà il prototipo della sua serie più famosa. Una storia che vede una ciurma di pirati – uniti dall’amicizia e dal non prendersi troppo sul serio – lanciarsi nella ricerca del tesoro perduto del re dei pirati, il One Piece. Il semplice concept fa da sfondo a una saga dove esseri umani potenziati da particolari frutti magici si scontrano in duelli dove non si confrontano semplicemente livelli di violenza, bensì le loro weltanschauung. Ogni volta sarà infatti la visione del mondo di Oda, fondata sulla ricchezza dell’amicizia, a prevalere su quelle dei nemici del suo protagonista: il pirata Monkey D. Luffy.
Nonostante le premesse infantili, il manga “One Piece” di Oda ha battuto tutti i record d’incassi con più di mezzo miliardo di volumi venduti. Sopra di lui rimangono soltanto la Bibbia e il “Libretto rosso”, ma Dio e Mao Zedong hanno un vantaggio temporale non indifferente sul mangaka. Il risultato è poi frutto della somma delle vendite internazionali dell’intera saga, ancora in svolgimento dal 1997 e lunga oltre 100 volumi e 1.000 capitoli. Qualsiasi sia la somma che abbia prodotto tale cifra, vedere acquistata la propria opera per più di 500 milioni di volte da persone di ogni angolo del globo rimane senza dubbio un risultato straordinario. La testimonianza di come l’intuizione di un bambino possa affascinare un pubblico vastissimo.
Di Camillo Bosco
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