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L’Incredibile Hulk e l’Armageddon nucleare

Al colmo del terrore dell’atomo, Lee e Kirby crearono un uomo reso invincibile, ma folle, dagli esperimenti bellici: Hulk

 
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Nel 1962 pareva che il mondo dovesse sparire in un fungo atomico. Eravamo assai distanti dall’equilibrio nucleare tra Russia e Stati Uniti e le parti erano invertite rispetto alla triste cronaca odierna. L’Unione Sovietica di Nikita Chruščëv disponeva del doppio delle truppe di terra rispetto alla Nato, mentre l’arsenale di testate atomiche e missili intercontinentali statunitensi non aveva invece confronti con quello delle repubbliche sovietiche. I bombardieri strategici B-52 sorvolavano costantemente l’Oceano Pacifico e l’Artide e i missili balistici Jupiter erano stati schierati in Europa per dissuadere Mosca dal muovere la cortina di ferro verso Ovest.

In quell’anno la psicosi dell’apocalisse nucleare raggiunse poi il suo apice durante la Karibskij krizis (la crisi dei Caraibi), cioè il nome russo di quella che è conosciuta in Occidente come la crisi dei missili di Cuba. Oggi sappiamo che il rischio fu sovrastimato in quanto gli ufficiali russi avevano l’ordine perentorio di non usare gli ordigni schierati sull’isola o sui sottomarini (soprattutto a causa dell’inferiorità nucleare del Cremlino), ma esercitazioni anti Armageddon venivano condotte in molte città e l’atomo – o, per meglio dire, la sua fissione – era diventato il nemico pubblico numero uno.

Non può quindi sorprendere l’esordio, in quello stesso anno, del fumetto di Hulk. Stan Lee e Jack Kirby si erano conquistati una chiara fama l’anno prima grazie alla pubblicazione dei Fantastici Quattro e ora cercavano di replicare quel successo lanciando diversi personaggi nel tentativo di intercettare gli interessi del pubblico. Fu così che tra le idee che Lee propose a Kirby sorse quella di ibridare Solomon Grundy – un lugubre e imponente super avversario di Batman, a sua volta ispirato al Mostro di Frankenstein – con il famoso alter ego del Dottor Jekyll del romanzo di Stevenson. La torreggiante massa di muscoli di Hulk sostituì quindi il nano villoso che appariva nel romanzo e s’impose come “Mister Hide” di un altro dottore, il fisico nucleare Bruce Banner. Il fulcro del personaggio sarebbe stato però l’innesco della trasformazione.

L’origine di questo supereroe è infatti traumatica. Dopo essersi laureato magna cum laude alla prestigiosa Caltech, Banner è ingaggiato dal governo americano per lavorare a una nuova e incredibile bomba ai raggi gamma per superare, nella finzione narrativa, i sovietici nella corsa agli armamenti. In una nemesi tragica lo scienziato tuttavia s’immola per salvare un giovane entrato per errore nel poligono di tiro nucleare, ricevendo così una dose letale di radiazioni gamma. Si tratta di un sacrificio simbolico in cui echeggia il monito di Bertrand Russell e Albert Einstein sulla pericolosità degli esperimenti nucleari e le responsabilità degli scienziati nella loro esecuzione.

L’incidente non uccide Banner. Lo condanna invece alla trasformazione in un invincibile gigante belluino senza alcuna intelligenza (quantomeno nelle prime incarnazioni) ogni qual volta si trovi in pericolo o in preda all’ira. Una metafora lampante delle angosce legate alle armi nucleari, racchiusa in un personaggio il cui colore caratteristico è invece dovuto a un problema tipografico. Lee l’aveva immaginato grigio come Grundy, ma gli stampatori ebbero problemi nel realizzarlo. Si optò allora per uno dei colori primari e così nacque il mito del “Gigante Verde”: l’Incredibile Hulk.

di Camillo Bosco

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