Masami Kurumada, il padre de “I Cavalieri dello Zodiaco”
La storia e il successo internazionale del fumettista giapponese Masami Kurumada, padre de “I Cavalieri dello Zodiaco”
Può risultare logico che il figlio di una famiglia di fabbri dell’ex quartiere industriale di Tsukishima, sito sulla foce del fiume Sumida a Tokyo, sia diventato famoso per le sue armature. Masami Kurumada non le realizzò tuttavia in una forgia, bensì sulle pagine di un fumetto. Nato nel 1953, il suo primo approccio all’ambiente editoriale avvenne dopo un’adolescenza turbolenta come teppista quando al terzo anno degli studi superiori mandò un suo manga al concorso per giovani talenti della rivista “Weekly Shonen Jump”.
La grande casa editrice di fumetti Shūeisha – proprietaria del settimanale – rifiutò la grezza storia disegnata con una biro, ma quando Kurumada si presentò in redazione per ottenere delle spiegazioni premiarono la sua sfrontatezza rendendolo assistente di Ko Inoue, il mangaka (fumettista) specializzato in storie sportive.
Durante l’apprendistato i tafferugli erano comunque rimasti nel cuore del ragazzo e il suo primo fumetto a meritare una serializzazione a lungo termine è “Ring ni kakero” (“Metticela tutta sul ring”) nel 1977. Questa serie pugilistica gli dona il successo, la possibilità di esplorare la sua passione nei confronti della mitologia greca e la sua fantasia nell’ideare poteri di combattimento quasi sovrumani, che devono però essere smorzati dato il contesto realistico della serie. Per ovviare a tali limitazioni, nel 1986 realizza quindi un manga dove gli dèi ellenici si confrontano scegliendo dei degni campioni umani a cui far indossare delle potenti, esotiche e scintillanti armature.
Quando il 26 marzo 1990 venne trasmesso su “Odeon Tv” il primo episodio dei “Cavalieri dello Zodiaco”, la trama non poteva che apparire bizzarra. Recatosi in Grecia per allenarsi, un ragazzo di nome Pegasus affronta infatti un uomo colossale chiamato Cassios per dimostrare al Grande Sacerdote di Atene di essere degno dell’armatura di… Pegasus. Nessuna sorpresa, quindi, quando ottiene la proprietà dell’usbergo suo omonimo battendo il gigante dal nome – in tutta evidenza – non adatto. La curiosa coincidenza non è però frutto di una fissazione dei genitori del personaggio, magari così ansiosi di vederlo vittorioso da affibbiargli un nomen omen, né una mancanza di fantasia di Kurumada. Si tratta invece di una scelta grossolana, benché fortunata, della traduzione in italiano curata da Stefano Cerioni.
Il titolo dell’opera nella versione originale giapponese non è infatti “I Cavalieri dello Zodiaco”, ma “Saint Seiya” ovvero “Seiya il cavaliere sacro”. Questo perché il protagonista dell’opera è chiamato Seiya – nome formato dagli ideogrammi 星 (hoshi, stella, campeggiante anche nel logo della serie) e 矢 (ya, freccia) – e la suspensedel primo combattimento è così salva. Forse oggi una tale leggerezza nell’adattamento non sarebbe stata perdonata, ma nell’ultimo decennio dello scorso secolo il fascino esercitato delle avventure di Pegasus e degli altri sacri cavalieri superò qualsiasi osservazione superciliosa sulla logica.
La passione nipponica e internazionale per il prodotto di Kurumada si è dimostrata ininterrotta, generando fino a oggi un franchise che conta una continua produzione di nuovi fumetti, cartoni animati, film e merchandising.
Di Camillo Bosco
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