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Mondiali in Qatar. Nel pallone

Abbiamo passato gli ultimi giorni ad ascoltare polemiche a scoppio ritardatissimo sulla decisione di affidare al Qatar l’organizzazione dei campionati 2022. Dimenticando che appena quattro anni fa si giocò in Russia, già Paese invasore dell’Ucraina nel 2014 e sotto sanzioni internazionali

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Mondiali in Qatar. Nel pallone

Abbiamo passato gli ultimi giorni ad ascoltare polemiche a scoppio ritardatissimo sulla decisione di affidare al Qatar l’organizzazione dei campionati 2022. Dimenticando che appena quattro anni fa si giocò in Russia, già Paese invasore dell’Ucraina nel 2014 e sotto sanzioni internazionali

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Mondiali in Qatar. Nel pallone

Abbiamo passato gli ultimi giorni ad ascoltare polemiche a scoppio ritardatissimo sulla decisione di affidare al Qatar l’organizzazione dei campionati 2022. Dimenticando che appena quattro anni fa si giocò in Russia, già Paese invasore dell’Ucraina nel 2014 e sotto sanzioni internazionali

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Abbiamo passato gli ultimi giorni ad ascoltare polemiche a scoppio ritardatissimo sulla decisione di affidare al Qatar l’organizzazione dei campionati 2022. Dimenticando che appena quattro anni fa si giocò in Russia, già Paese invasore dell’Ucraina nel 2014 e sotto sanzioni internazionali

Si gioca. Alla fine, tutto si riduce a questo, al primo giro di pallone dei Mondiali in programma domani fra Qatar ed Ecuador, francamente non il massimo come partita inaugurale. La Coppa del Mondo di calcio resiste allo scorrere del tempo e delle mode, anche alla trita polemica sui ragazzini che ormai non sarebbero più interessati al pallone perché le partite durano troppo per i loro tempi in formato TikTok. Non ne saremmo così sicuri e suggeriremmo almeno un giro davanti a una scuola elementare per ascoltare i discorsi dei bimbi. Del resto – scriveva il grandissimo Jorge Luis Borges – ogni volta che un bambino prende a calci qualcosa in strada, lì ricomincia la storia del calcio.

Il Mondiale, piuttosto, si è via via ingigantito per le legittime aspirazioni di business di un movimento planetario, secondo solo al Comitato olimpico internazionale. In termini di Paesi coinvolti e non di quattrini, beninteso, considerato che quanto a soldi il pallone non ha rivali. Che i Mondiali siano da almeno cinquant’anni un colossale affare è pacifico. Come da sempre (prima edizione nel 1930 nell’allora remoto Uruguay) una succulenta preda politico-propagandistica. Casi di scuola, ma non isolati, l’Italia fascista del 1934 e l’Argentina della giunta militare del 1978.

Abbiamo passato gli ultimi giorni ad ascoltare polemiche a scoppio ritardatissimo sulla decisione di affidare al Qatar l’organizzazione dei campionati 2022. Dimenticando che appena quattro anni fa si giocò in Russia, già Paese invasore dell’Ucraina nel 2014 e sotto sanzioni internazionali. All’epoca nessuno aveva troppa voglia di ricordarlo o disturbare più di tanto un’assegnazione fortemente voluta da Vladimir Putin, in ossequio alla sua politica di potenza e di immagine. Peraltro, come nel caso delle Olimpiadi invernali di Sochi 2014 (casualmente anno dell’invasione della Crimea). Giusto per ricordare a star e starlette distratte quanto il tema delle assegnazioni non per limpidi motivi sportivi sia tutto tranne che una clamorosa novità legata a Qatar 2022.

Tutto ciò non sposta di una virgola le sacrosante considerazioni di opportunità e i più che legittimi dubbi su un Paese non specchiatissimo in termini di rispetto dei diritti umani. Solo che accorgersene a una settimana dal via sa un po’ troppo di voglia di ingannare la coscienza, considerato che tempo per ripensarci ci sarebbe abbondantemente stato. Per questo stesso motivo, con il rotolare della palla, i grandi temi di principio rischieranno di finire inevitabilmente in subordine. Un errore, anche perché non c’è solo il Qatar: è di grande valore se e cosa decideranno di fare i giocatori della Nazionale iraniana per appoggiare le proteste dei ragazzi nel loro Paese. Non uno scherzo, quando si rischia la forca per un bacio in mezzo alla strada.

Tutto questo mentre per la seconda volta consecutiva l’Italia non ci sarà. Ormai non fa più notizia la considerazione che i ragazzini fra i 10 e i 12 anni non hanno mai visto gli Azzurri in un Campionato del Mondo, incredibile per le nostre generazioni cresciute calcolando lo scorrere del tempo anche con i quadrienni mondiali. Un po’ quello che facevano gli antichi greci con le Olimpiadi. Una piccola, grande tragedia calcistica scandagliata in tutti i suoi elementi e cause ma – va detto – vissuta con un trasporto decisamente minore rispetto alla débâcle del 2018. Purtroppo ci si abitua a tutto, anche alle vergogne. Gli italiani dovranno così scegliere per chi schierarsi, non potendo sognare i tuffi nelle fontane per la nostra Nazionale. Una buona maggioranza sembra orientata sull’Argentina, terra di popolo-fratello da sempre, resa ancor più vicina dall’italico richiamo al sentimento: in Qatar andrà in scena l’ultimo assalto di Leo Messi. Il fenomeno dal fisico della porta accanto che ha vinto tutto ma ha sempre fallito il Mondiale. Schiacciato dai paragoni con Diego Armando Maradona, l’unico giocatore ad aver vinto la Coppa del Mondo praticamente da solo. Tiferemo tanto e comunque l’eterno Brasile e poco la Francia.

L’attualità non c’entra nulla, ma su un campo di calcio per i francesi non tifiamo quasi mai.

Di Fulvio Giuliani

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