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I dominanti giganti del digitale

Perché tanto clamore attorno al fatto che lo Stato federale Usa e la Commissione europea abbiano avviato delle procedure contro i giganti del digitale?

Talvolta le notizie piovono addosso, scorrono in fretta, defluiscono nel dimenticatoio, salvo poi rigurgitare con passaggi successivi. È però un peccato perdersi il significato profondo delle cose. Perché tanto clamore attorno al fatto che lo Stato federale Usa e la Commissione europea abbiano avviato delle procedure contro i giganti del digitale? Il Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti chiama in giudizio Apple, accusata di abuso monopolistico. La Commissione europea contesta ad Apple lo store (il negozio online) esclusivo, a Facebook le modalità di abbonamento, ad Amazon e a Google di indirizzare i clienti verso il loro prodotti. Sono cause e questioni diverse, ma il cui filo conduttore è: siete divenuti dominanti nei vostri mercati e provate ad approfittarne. Non è una questione per causidici, ma l’essenza stessa del nostro mondo occidentale e la forza con cui non si contrappone la libertà all’interesse ma si dimostra che la libertà collettiva è un interesse superiore a quello di qualsiasi singolo soggetto.

Guardiamo le cose da un punto di vista che non si usa mai, perché qui in Occidente si ha timore a sostenere che siamo il posto migliore e anche quello più potente. Va bene soltanto mugolare o inveire. Con i giganti del digitale, invece, siamo divenuti dominatori del mondo. Nel bene e nel male non c’è angolo del pianeta che sia libero dai social, ove non si provi a fare acquisti online o non si vada a sbattere contro un pedone che sta spippolando sul telefono e si muove da ubriaco. Anche quando usano terminali o social nati a imitazione di quelli partiti dall’America, comunque sono il frutto di una nostra dominante vittoria. Ecco, se ragionassimo alla cinese o alla russa dovremmo dire: questi sono i nostri giganti, quindi rendiamoli più forti e prendiamoci il mercato globale; siccome però poi dobbiamo anche controllarli, la maggioranza delle azioni le intestiamo all’esercito oppure a un oligarca che poi accoppiamo o facciamo sparire, se rompe le scatole. Ma noi ragioniamo in modo diverso. E non perché siamo buoni, ma perché ci conviene.

Da noi (ma noi chi? ci arrivo) l’impresa è libera: se vinci incassi, se perdi paghi. Se vinci tantissimo, goditela. Ma se cresci al punto tale da dominare un mercato – sicché sei in grado di evitare che altri possano entrare e farti concorrenza, come tu la facesti ai dominatori (o tecnologie o prodotti) di prima – allora lo Stato interviene e non impedisce affatto che tu abbia una posizione dominante, ma ti impedisce di abusarne. Così si difende il mercato e, con quello, l’interesse collettivo (cittadini e consumatori compresi). Non sempre ci riesce, non sempre l’intervento è tempestivo o risolutivo, ma il senso, al netto degli errori, è prezioso: noi non siamo liberi perché siamo ricchi, siamo ricchi perché siamo liberi. Quindi, se lo Stato si mette a difendere un campione per il solo fatto che è il proprio campione, non favorirà la produzione di maggiore ricchezza ma impedirà la concorrenza, diminuirà la libertà e metterà le premesse per l’impoverimento. Ecco perché dominiamo il mondo con società cui ora contestiamo un eccesso di dominio. Non è una contraddizione, ma la bellezza del capitalismo in uno Stato di diritto. Manco parente del capitalismo in assenza di diritto. Come le elezioni, del resto.

E veniamo a “noi”. Ai campioni si deve consentire di crescere, anche moltissimo, mentre noi in Italia abbiamo concepito norme – a cominciare da quelle del lavoro – per cui se da piccolo diventi medio già ti tratto e tasso come se fossi grande. Proteggere i campioni comporta dei guasti, ma proteggere i brocchi è da fessi. E noi lo facciamo. Talora ce ne vantiamo anche e la chiamiamo golden share. Con il risultato che poi servono i soldi del contribuente perché non collassino. Più libertà e competizione farebbero bene anche fra università, giornalisti e politici.

Come andranno quelle cause lo staremo a vedere, ma il loro esistere è la forza vincente di questo bistrattato e splendido Occidente.

di Davide Giacalone

economia, tech


Davide Giacalone

Direttore de La Ragione. Editorialista, saggista e scrittore.

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