Xi e Macron, se una tregua si tinge di giallo
Nello scambio tra il presidente cinese Xi Jinping e il suo omologo francese Emmanuel Macron si legge una certa ambiguità
«Chiamerò Zelensky al momento giusto». Così il presidente cinese Xi Jinping ha risposto ieri alle sollecitazioni del suo omologo francese Emmanuel Macron, in visita nel Paese del Dragone, che lo invitava a far pressioni sullo zar russo Vladimir Putin per metter fine alla guerra d’invasione in Ucraina.
Il rapporto di amicizia (come lo hanno definito entrambi) fra Xi e Putin potrebbe infatti giocare un ruolo chiave nella ricerca d’una tregua possibile, se il cinese accettasse d’interpretare la parte del mediatore non schierato. A ben guardare però, nella risposta di Xi a Macron – come spesso accade quando si ha a che fare con leader totalitari e con universi politici complessi come quello cinese – si legge una certa ambiguità. A essere ottimisti: la disponibilità del capo della Cina a sentire Zelensky (che pure pochi giorni fa lo ha invitato a recarsi di persona a Kiev per un incontro). A esser pessimisti: il pretesto di chiamarlo al momento opportuno, dove l’enigma sta tutto nel significato da attribuire al termine opportunità.
Dal punto di vista diplomatico, va detto, Macron nel tentare di convincere Xi a fare da paciere ce l’ha messa tutta, twittando – prima di incontrarlo – sul «ruolo vitale per la costruzione della pace» della Cina e aggiungendo (dopo aver chiesto a Xi di riportare Putin alla ragionevolezza) che sa di poter contare su di lui. Una ricerca di diplomazia che adesso resta appesa alla semantica di una breve locuzione: al momento giusto.
di Jean Valjean